Morì per il Tso, 20 mesi a vigili e psichiatra
Torino, 4 condanne: «Omicidio colposo». Andrea Soldi rifiutava i farmaci. La difesa: faremo appello
A metà mattina, sotto un cielo carico di nuvole nere, il signor Renato Soldi si incammina lento verso l’uscita del palazzo di giustizia. Sua figlia Cristina lo chiama. «Non al cimitero, papà. Andiamo alla panchina». E lui si lascia accompagnare una volta di più in piazza Umbria, davanti alla panchina — appunto — dove suo figlio Andrea ha chiuso gli occhi per sempre il 5 agosto del 2015.
I tre vigili urbani che quel giorno Andrea vide per ultimi e lo psichiatra che lo aveva in cura da anni, ieri sono stati tutti condannati in primo grado per omicidio colposo. La sentenza ha stabilito che fu il loro modo di agire a causare la morte di quell’uomo (45 anni) che tutti conoscevano come «il gigante buono» e che fu affrontato per un trattamento sanitario obbligatorio (Tso) perché da mesi rifiutava di prendere i farmaci per tenere a bada la sua schizofrenia paranoide. Si chiude quindi così il primo capitolo giudiziario di questa storia. Un anno e otto mesi di carcere a ciascun imputato, con la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel certificato penale, più un risarcimento da 220 mila euro al padre di Andrea e di 75 mila alla sorella.
Il verdetto letto dalla giudice Federica Florio è più duro di quello che avrebbe voluto il pubblico ministero (aveva un anno e sei mesi) e nessuno dei condannati ha voglia di commentare. Gli agenti municipali Enri Botturi, Stefano Delmonaco e Manuel Vair escono dall’aula a testa bassa e scompaiono dietro l’angolo mentre il loro avvocato Stefano Castrale spiega: «Faremo ricorso, siamo sicuri che in appello la valutazione degli atti sarà diversa e che sarà proclamata la loro innocenza». Lo psichiatra Pier Carlo Della Porta, invece, si tiene in disparte lontano dai giornalisti mentre aspetta la sua avvocatessa, Anna Ronfani, che promette anche lei il ricorso in appello «perché consideriamo questa senten- za un passaggio verso il prossimo grado di giudizio».
Cristina, la sorella di Andrea, dice: «A noi non importa la quantità della pena o del risarcimento, ci importa aver avuto giustizia. Di certo c’è che se invece di ammanettarlo e caricarlo sull’ambulanza a faccia in giù non fossero intervenuti, mio fratello non sarebbe morto, quindi è evidente che il loro modo di intervenire è stato fatale. Che almeno la sua morte serva ad affermare un principio: chi si occupa di Tso deve essere preparato a farlo. E ci auguriamo che i vigili ora vengano sospesi dal servizio».
«Oggi possiamo dire che Andrea ha avuto giustizia e dignità» è il commento degli avvocati della famiglia, Giovanni Maria Soldi (cugino della vittima) e Luca Lauri.
Renato, il padre di Andrea, interviene a voce bassa: «Almeno il medico in un’occasione è venuto a stringermi la mano e a dirmi “mi dispiace”. Dagli altri tre invece mai una parola. Mi avessero detto: ci dispiace, ci siamo sbagliati... Niente, hanno voluto essere arroganti fino alla fine». Perdonare? «Al massimo lo farà Andrea, io no di certo. E poi il perdono si dà a chi lo chiede».