«Basta fischi, ora lo Stato siamo noi» La festa in piazza dei Cinque Stelle
Di Maio: Mattarella è stato ragionevole. Casaleggio: realizzato l’impossibile
i ministri che fanno parte della squadra di governo guidata dal premier Giuseppe Conte: 7 indicati dal Movimento Cinque Stelle, 5 dalla Lega e 6 tecnici. L’esecutivo, che ha giurato venerdì al Quirinale, è il numero 65 della Repubblica, il primo della XVIII Legislatura ROMA Doveva essere una manifestazione di rabbia popolare, un grande raduno per protestare contro lo scippo del governo e contro un presidente accusato di aver tradito. Si è trasformata in una festa, in un’autocelebrazione per la conquista del Palazzo, in uno sventolio di tricolori e con un finale patriottico: Luigi Di Maio e i suoi che cantano l’inno di Mameli. Quando, poco dopo, spunta l’imprenditore Sergio Bramini, fallito per colpa dei debiti non pagati dallo Stato, la piazza fischia e Di Maio li blocca così, come un novello Re Sole («L’etat c’est moi»): «Fermi, non c’è bisogno di fischiare: ora lo Stato siamo noi».
Stato o governo, nell’enfasi della scalata di Palazzo Chigi non è il momento di troppi distinguo. Del resto Nicola Morra cita Simone Weil e il suo «Manifesto per la soppressione dei partiti». E lo traduce così: «I partiti fanno gli interessi di qualcuno, mentre noi siamo la totalità».
Di Maio, intanto, prova a ricucire con il presidente, di cui aveva chiesto l’impeachment: «Sono stato critico, ma gli riconosco di essere stato ragionevole». Non tutti sono d’accordo. In platea, Elena di Ferrara, dice così: «Mattarella ha fatto una cosa orrenda. Se ne fa un’altra, gli diamo un calcio nel sedere». Tra la folla si aggira un cronista dello Spiegel online, Claus Hecking: «In Germania fa più paura Salvini di Di Maio. Ma ho letto il contratto: chi pagherà tutto questo? Debito, debito, debito».
Ma non è il momento di fare i conti. Paola Taverna fa la sua parte: «Sono una donna del popolo, sono venuta qui con le scarpe basse». Barbara Lezzi inseguita dai giornalisti: «La polemica sui gay? Pensiamo alle cose serie». Morra, è contrario all’euro? «La mia posizione è che le cose non funzionano. Vediamo se Juncker si è rigenerato nell’acquasantiera». Poi arriva Davide Casaleggio, misurato nei toni ed emozionato: «Abbiamo realizzato l’impossibile. Oggi una stella in cielo brilla più delle altre». Ed è quella di suo padre, Gianroberto. ribelle» (Di Maio) a stare calmo. Il pifferaio magico è un buon padre di famiglia e lascia i figli cresciuti liberi di muoversi e di agire. Ma resta vigile, pronto a indossare nuovamente i panni di guardiano dalla rivoluzione e a correggere eventuali deragliamenti in direzione establishment dell’anima di governo.
Per Grillo ora è cambiato tutto: «Io urlavo quando c’erano i condannati in Parlamento. Era liberatorio. Ora non serve più». Anche se non riesce a smettere di urlare. Contro chi usa «destra, sinistra, populismo, parole che non significano Beppe Grillo, 69 anni, suona una campanella sul terrazzo dell’hotel Forum nulla». Contro chi attacca il Movimento per il piano B del neo ministro Paolo Savona, ovvero l’uscita dall’euro: «Stiamo scherzando? Ce l’hanno tutti un piano B, anche i tedeschi e i francesi». Contro chi chiama i 5 Stelle «grillini», ai quali dedica un vaffa: «Ho sempre sognato essere un diminutivo». Ammette: «Forse siamo un po’ dilettanti». Scherza o forse dice sul serio: «Tutto è nato da una miopia. Io scherzavo». Avverte la folla: «Girate gli striscioni: da abbasso Mattarella a viva Mattarella». Attacca la sinistra: «Ora saranno di una cattiveria diabolica, non vogliono rassegnarsi. Ma non hanno narrazione, non hanno le parole, non sono riusciti a entusiasmare». Conclude, evocando la campanella del cambio di consegna, che ha suonato all’inizio: «È arrivato un mondo nuovo e noi ci siamo già dentro».