Bufera sul no alle famiglie gay Ma Salvini stoppa Fontana: la sua idea non è nel contratto
Di Battista lo difende: assurdo attaccare chi non ha iniziato a lavorare
ROMA È verso sera quando Lorenzo Fontana manda una dichiarazione alle agenzie: «Quella su di me è evidentemente una polemica strumentale, tanto che c’è chi mi ha criticato anche perché vengo da Verona e tifo Hellas Verona». Il ministro della Famiglia non ha spiegato alle agenzie cosa c’entri il tifo del calcio con la storia delle famiglie arcobaleno che per tutta la giornata di ieri lo ha travolto come nemmeno uno tsunami. Ma evidentemente ha sentito il bisogno di mettere le mani avanti.
Al Corriere ieri il ministro Fontana aveva detto che le famiglie arcobaleno non esistono perché non esistono per legge. E la prima a reagire è stata la senatrice del Pd Monica Cirinnà, quella che ha dato il nome alla legge sulle Unioni civili: «Il ministro si informi sulla legge, le famiglie arcobaleno esistono». Ma è stata poi la reazione successiva quella che ha fatto davvero rumore.
Matteo Salvini ha aspettato la fine della parata militare per precisare: «Fontana è libero di avere le sue idee, ma non sono priorità e non sono nel contratto». Una presa di distanza che il vicepremier e ministro dell’interno ha ripetuto anche verso sera, con decisione: «Non ho nessuna intenzione di rivedere leggi del passato come l’aborto e le unioni civili», la stessa cosa aveva detto Fontana, anche se proprio ieri è spuntato fuori Pietro Guerini — presidente nazionale Comitato No alla 194 e omonima associazione — che ha dichiarato l’iscrizione del ministro alla sua Associazione sin dal 2011.
Polemiche senza fine. Qualcuno, in realtà, ha anche appoggiato Fontana (come l’ex ministro di FI Maurizio Gasparri), ma le polemiche sono state una valanga. «È un ministro della Repubblica e ha giurato sulla Costituzione, deve prendersi le sue responsabilità nei confronti di tutte le famiglie, indistintamente», la replica della senatrice Cirinnà, mentre nel mondo gay in prima linea ci sono state le Famiglie arcobaleno: hanno invitato il ministro Fontana al loro gay pride a Milano a fine mese: «Così può vedere che esistiamo. Ma non solo noi: ci sarà uno spazio a disposizione di tutte le famiglie, quelle con un papà e una mamma, quelle con due mamme, due papà, con un solo genitore, quelle adottive, straniere. Noi crediamo che vadano tutte riconosciute».
Dall’altra parte dell’oceano si è fatto sentire — via Facebook —- anche Alessandro Di Battista, polemico: «Il governo non aveva nemmeno finito il giuramento e i soliti intellettuali falce e cachemire già sono partiti all’attacco tacciando il governo pseudo-fascista di cui bisogna aver paura perché vuole cancellare l’aborto e le unioni civili».
Ma nel mondo gay da ieri le preoccupazioni si sono alzate a livello di guardia. Dal Gay center un appello al premier Giuseppe Conte e anche al vicepremier Di Maio: «Chiediamo che dia la delega delle pari opportunità a un esponente che tuteli le persone gay, lesbiche e trans. Oggi dopo le dichiarazioni del ministro Fontana non si sentono più tutelate».
Da Livorno si leva forte e
dLeghista Lorenzo Fontana, 38 anni, ministro della Famiglia, con la figlia decisa la voce del sindaco pentastellato Filippo Nogarin: «Ci sono valori che per noi sono inderogabili. A Livorno siamo stati i primi a trascrivere i matrimoni dello stesso sesso che erano stati contratti all’estero. Siamo stati anche tra i primi a celebrare in Comune i matrimoni gay. E adesso non intendiamo fare nemmeno mezzo passo indietro. Giusto per mettere le cose in chiaro».
Anche il sindaco di Milano, Pd, Giuseppe Sala, si unisce al coro delle critiche a Fontana e appoggia Nogarin: «Non sono per niente d’accordo con le parole del ministro Fontana. Nel rispetto della legge continueremo le nostre battaglie. La contemporaneità è questa. E ignorare una parte consistente della società è profondamente sbagliato». Lo scontro