L’ambasciatore negli Usa: «Noi prioritari per Trump le felicitazioni di Pompeo»
La Festa della Repubblica alla Casa Bianca. Venerdì 1° giugno una larga delegazione della comunità italiana è stata accolta dal Segretario di Stato, Mike Pompeo. «Un evento di grande importanza per il nostro Paese», dice Armando Varricchio, 56 anni, ambasciatore a Washington. Ma anche l’occasione per un messaggio atteso a Roma: «Pompeo mi ha comunicato il forte apprezzamento per la formazione del governo e gli auguri al ministro degli Esteri Moavero».
La Repubblica festeggia alla Casa Bianca. È un caso eccezionale?
«Assolutamente sì. Non ci sono casi analoghi con altri Paesi, se non la tradizione che risale a molti anni di celebrare a Washington San Patrizio. Per noi questo è il secondo anno e mi fa piacere aver costruito una tradizione, lavorando con i consiglieri del presidente Trump, alcuni di origine italiana, e con la Niaf (National italian american foundation ndr)».
Lo scorso anno però non c’era il Segretario di Stato...
«Non c’era ed è la dimostrazione di come la valenza politica della giornata sia stata prevalente».
Il Dipartimento di Stato ha seguito con preoccupazione gli sviluppi politici a Roma e l’agitarsi dei mercati. Che cosa le ha detto Pompeo?
«Si è rallegrato per la formazione del governo. E d’altra parte l’andamento dei mercati dimostra come da qui non si volesse orientare l’esito delle consultazioni, cui si è guardato con grande rispetto e grandissima considerazione nella saggezza del presidente Mattarella. Si stava aspettando la fine di quel percorso. Una volta che si è formato un governo con un respiro politico, i mercati si sono subito calmati. E, ripeto, il Segretario di Stato mi ha trasmesso il suo forte apprezzamento».
Non c’è qualche timore che il nuovo governo possa creare tensioni nell’alleanza atlantica? Russia, Iran...
«Assolutamente no. Tutto questo non lo avevo mai sentito esprimere dagli americani in queste settimane e tantomeno oggi. I fondamenti dell’ancoraggio e la volontà di rinsaldare l’alleanza non vengono meno e sono stati riconfermati dai leader delle forze politiche italiane che ora rivestono funzioni di governo. Va sempre rizia cordato che le democrazie discutono, anche in maniera robusta. Ma sanno di stare dalla stessa parte. E questo vale anche per l’iran. Gli Stati Uniti conoscono molto bene i nostri rapporti antichi con l’iran e quindi sono profondamente interessati a discuterne con noi. E ora che la questione nucleare è stata inserita in un contesto più ampio, di stabilità dell’area, l’italia ha ancora più titolo a far sentire la sua voce».
I rapporti tra Ue e Stati Uniti sono al minimo storico. Trump attacca gli alleati, ma alla Casa Bianca c’è la festa dell’italia...
«Tutto ciò esprime molto bene la natura del rapporto tra Italia e Stati Uniti. Venerdì alla Casa Bianca erano in corso i negoziati con i nordcoreani. Per loro questo è il tema numero uno. Eppure il Segretario di Stato ha lasciato la stanza dove si stava discutendo e non ha voluto mancare all’appuntamento con noi. Direi che è la conferma di come l’amici- tra i nostri due Paesi non sia solo un sentimento, ma rappresenti una priorità politica per l’amministrazione Trump. Dopodiché le tensioni sulla politica commerciale riguardano negoziati che seguiranno il loro corso. L’unione europea ha risposto utilizzando gli strumenti a sua disposizione. Ma tutto questo accresce la necessità che si continui a lavorare insieme. L’italia viene vista come un riferimento essenziale all’interno dell’ue. È considerata come un partner con cui discutere come migliorare e rendere sempre più efficienti le regole del commercio. Noi e l’amministrazione Trump condividiamo un punto: questi problemi vanno risolti per affrontare meglio la competizione di altri concorrenti molto agguerriti...».
Ma avete discusso di politica per tutta la festa?
«Beh, a un certo punto Rudy Giuliani si è messo a cantare “New York, New York”...».