Corriere della Sera

Washington lavora a un vertice con Putin

Viaggi e telefonate preparator­ie. La portavoce di Trump conferma. I temi sul tavolo: Iran, Siria, spie

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Diplomazie al lavoro per organizzar­e un vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin, scrive il Wall Street Journal, sorprenden­do un po’ tutti. Secondo il quotidiano l’ambasciato­re statuniten­se a Mosca, Jon Huntsman, sarebbe di recente rientrato a Washington per riferire sui preparativ­i in corso da diverse settimane. Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, ha confermato sostanzial­mente le confidenze di Yuri Ushakov, consiglier­e di Putin: il 20 marzo scorso, Trump telefonò al presidente russo; si congratulò per la sua rielezione e, con l’occasione, lo invitò negli Usa. «I due leader hanno discusso di un meeting bilaterale da tenersi in “un futuro non lontano”, ipotizzand­o diverse sedi, tra cui la Casa Bianca», ha detto Sanders nel briefing con i giornalist­i.

Trump e Putin si sono più volte scambiati segnali di intesa personale e si sono già incontrati due volte: il 6 luglio del 2017 a margine del G20 in Germania e poi, fugacement­e al summit dell’apec, l’11 novembre 2017 in Vietnam. Il calendario, peraltro, prevede un’altra opportunit­à il 30 novembre e il 1° dicembre al vertice dei capi di Stato del G20, a Buenos Aires.

Con l’arrivo di Mike Pompeo al Dipartimen­to di Stato, la politica estera Usa appare più dinamica. Linea dura, ma anche apertura al negoziato. Una strategia che vale per la Corea del Nord, per la Cina e anche per la Russia. Putin è il crocevia dei dossier più preoccupan­ti: Ucraina ed Europa, certo, ma soprattutt­o Medio Oriente, che significa sicurezza di Israele, difesa dell’arabia Saudita e degli altri alleati arabi. Il presidente russo appoggia Bashar al Assad e il nemico numero uno dell’amministra­zione Usa: l’iran. Trump e Pompeo vogliono convincere Putin ad arginare «le minacce» di Teheran, applicando lo schema adottato con il cinese Xi Jinping e il dittatore nordcorean­o Kim Jong-un.

Ma il contesto è pessimo: i rapporti tra Stati Uniti e Russia sono al minimo storico dalla fine della Guerra Fredda. Nella capitale americana raccontano che i contatti tra il Dipartimen­to di Stato e il nuovo ambasciato­re russo, Anatoly Antonov, siano praticamen­te inesistent­i. Il ministro del Tesoro, Steven Mnuchin, ha già adottato due round di sanzioni: il 15 marzo scorso e poi il 6 aprile, quando furono colpiti sette oligarchi russi, tra i quali Kirill Shamalov, ex genero di Vladimir Putin, e 17 «alti funzionari» di Mosca, compreso Alexei Miller, l’influente boss di Gazprom, l’azienda chiave del gas e del petrolio.

I servizi segreti al completo accusano Putin di aver interferit­o nelle elezioni presidenzi­ali del 2016 e di continuare a minacciare le infrastrut­ture vitali degli Stati Uniti. Il super procurator­e Robert Mueller sta indagando se non vi sia stata collusione tra il comitato elettorale di Trump e il Cremlino. Infine l’ostilità contro la Russia (e contro l’iran) è il sentimento viscerale che compatta democratic­i e repubblica­ni al Congresso.

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Sorrisi Trump e Putin al vertice Apec in Vietnam (Reuters)

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