Grande festa per Al Sisi II Una farsa (come le elezioni)
Se è vero che le elezioni presidenziali del 26-28 marzo in Egitto sono state una farsa, inevitabilmente anche la cerimonia d’insediamento alla massima carica del Paese per il 63enne ex capo di Stato maggiore Abdel Fattah al Sisi non può essere diversa. Durante il suo giuramento ieri al Sisi ha promesso che darà «spazio» a chiunque lavori per «la stabilità, la pace e la crescita economica». Ha anche promesso una caccia più che mai dura contro «i terroristi e i violenti». Il suo secondo mandato è in continuità col primo. In nome della «lotta al terrorismo», dove i «terroristi» sono individuati dai suoi fedeli tra gli oppositori al regime, tutto è permesso, ogni crimine lecito, compresi desaparecidos, torture e arresti arbitrari, come dimostra il caso Regeni.
Lo svolgimento delle elezioni è in linea con tali principi. Il presidente ha eliminato a forza i concorrenti degni di questo nome. Ha ottenuto la maggioranza del 97,8%, ma con un tasso di partecipazione del 41%. Almeno 7 punti in meno rispetto al 2014. Risultati ottenuti con metodi che ricordano la Turchia di Erdogan, la Siria degli Assad. L’egitto che 7 anni fa manifestava in piazza Tahrir chiedendo libertà ed eguaglianza non c’è più, o comunque è profondamente modificato. I Fratelli Musulmani sono in carcere, perseguitati più che ai tempi di Nasser. Mohammed Morsi, il loro leader che nel 2012 venne eletto presidente con le votazioni più libere della storia egiziana recente, dopo il golpe voluto da Al Sisi nel 2013 è in cella d’isolamento. Rischia la pena capitale. E non sono solo i più radicali tra i religiosi islamici a essere perseguitati. Da almeno due anni i gruppi internazionali per la difesa dei diritti umani, oltre a giornalisti e intellettuali, denunciano la crescita della repressione. Ci sarebbero oltre 60.000 persone in carcere.