«MEDIOCRAZIA», IL FUTURO DEL CIBO
Bloccata tra troppi estremi, la cucina può diventare equa: basta un po’ di consapevolezza. E stasera a Cibo a Regola d’arte Treviso arriva Vissani
Kermesse
● Oggi a Palazzo Giacomelli, a Treviso, la seconda giornata dell’evento food del Corriere della Sera, Cibo a Regola d’arte
● Il tema di questa ottava edizione, la prima in Veneto, è «Il cibo democratico»,: come rendere accessibile a tutti un’alimentazione di qualità
● Moltissimi gli ospiti tra chef, esperti di nutrizione, intellettuali, sportivi C inquanta grammi di pasta, un po’ di verdure, una spruzzata di formaggio e un filo d’olio. Il piatto ideale secondo lo scienziato Valter Longo, autore di due libri sulla dieta della longevità scritti dopo trent’anni di ricerca tra gli ultracentenari, non è tanto distante dal minestrone della nonna o dalla «pasta e vaianeia» (i fagioli verdi con baccello) di Molochio, paesino calabrese in cui anche gli uomini, non solo le donne, vivono a lungo. Concorda lo chef tre stelle Michelin Heinz Beck: la salute nel piatto va cercata nella semplicità. Come uno sgombro, pesce azzurro di piccole dimensioni, quindi sicuramente meno contaminato dal mercurio rispetto a tonno o salmone, con accanto un trionfo di verdure di ogni tipo (fave, piselli, broccoli, zucchine), condite non con il sale ma con estratti di altri vegetali liofilizzati.
Semplici anche le indicazioni della biologa e nutrizionista Lucilla Titta, che ai destinatari del suo ultimo libro, La dieta del maschio, consiglia di stare attenti al sale (non bisogna superare i 5 grammi al giorno), di non snobbare i cereali integrali e le verdure e di non consumare più di 500 grammi di carne rossa alla settimana. Insomma, se c’è un filo conduttore tra tutti gli interventi andati in scena ieri a Cibo a Regola d’arte Treviso, ottava edizione dell’evento food del Corriere della Sera (ma prima in Veneto) dedicata alla «cucina democratica», è che mangiare bene si può, senza spendere tanto e senza impazzire tra diete strane, mode astruse, demonizzazioni e nuovi diktat. L’unica regola, scienza alla mano, è mettersi in testa che il cibo è la nostra prima medicina. E che un’alimentazione il più possibile varia, il più possibile stagionale e con un senso di misura per le porzioni rappresenta già una base ottima per vivere bene. Con questi punti fermi ci si può pure godere un dolce — con lo zucchero — ogni tanto, come ha detto il pasticcere Luigi Biasetto di fronte al suo tiramisù: «La pasticceria è nata come una coccola della domenica, perciò il punto non è togliere lo zucchero dai dolci, ma mangiarli una volta ogni tanto. Con serenità».
Ecco, l’invito a un atteggiamento «medio» di fronte al cibo, nel senso di misurato, non estremo nelle privazioni o negli eccessi, è emerso sin dall’inizio con l’intervento del professore di Politica agraria internazionale dell’università di Bologna Andrea Segrè. È stato lui, sul palco con la direttrice artistica della manifestazione Angela Frenda, a teorizzare il concetto di «mediocrazia» del cibo: intrappolato tra troppe contraddizioni — nel mondo, l’obesità da un lato e la fame dall’altro, in Italia il valore dell’agroalimentare (l’11 per cento del Pil) e allo stesso tempo gli sprechi (un etto di alimenti buttato ogni giorno), la quantità di forza lavoro coinvolta segnata però dal caporalato, l’importanza del made in Italy e i danni del- la contraffazione e, dal punto di vista dei consumatori, la sensazione che tra le eccellenze gastronomiche, spesso elitarie e costose, e il cibo spazzatura non ci sia niente in mezzo — ha bisogno di essere guardato con un nuovo approccio. «C’è un’intera Italia di prodotti medi, nel senso di equi per chi li produce e accessibili per chi li compra, che va scoperta e sostenuta — ha spiegato il professore —. Come? Con la scelta consapevole di chi acquista. Che può esercitare con il portafogli un diritto simile a quello del vo-