Corriere della Sera

La promessa

Tattica, fiducia, leggerezza e divertimen­to ecco come Mancini pensa di tornare in alto «Vorrei solo partite difficili, fanno crescere Anche Deschamps è partito da lontano»

- Alessandro Bocci

È la sua sfida, il suo tarlo, TORINO il desiderio più grande: «Riportare l’italia a vincere un Mondiale o l’europeo». Roberto Mancini si è seduto sulla panchina dell’italia con un imperativo: risalire la corrente dopo una stagione drammatica in cui siamo rimasti fuori da Russia 2018 e precipitat­i sino al ventesimo posto (mai così male) del ranking Fifa. Il faccia a faccia con la Francia è stato impietoso. I Bleus hanno più forza, più qualità, più entusiasmo. E sono anche più giovani della nostra Nazionale sperimenta­le (24,85 contro 25,28 la media dell’età).

Ma in fondo al tunnel nero, qualcosa si scorge. Mancini ha un piano per riabilitar­ci. Il suo progetto da selezionat­ore è chiaro: lavorare sulla testa prima ancora che sulle gambe dei giocatori. Leggerezza e divertimen­to per togliersi in fretta il peso del fallimento e recuperare l’autostima. Soprattutt­o salire di livello attraverso l’esperienza che adesso manca.

Gian Piero Ventura le amichevoli di spessore preferiva evitarle per non precipitar­e nel ranking. Il nuovo allenatore, invece, le invoca: «Le vorrei solo così. Ci sono ragazzi che giocano in provincia e partite come quella con la Francia le hanno solo sognate». Sarà per questo che la prima mezzora della notte nizzarda è stata complicati­ssima. E invece alla fine, con un pizzico di ottimismo, c’è spazio per scovare qualcosa di buono. Il coraggio con cui siamo ripartiti dopo l’intervallo, per esempio. E la propension­e ad attaccare: l’italia ha tirato 15 volte, 6 nello specchio. La Francia non subiva così tanto dalla semifinale dell’europeo 2016 con la Germania. I dati, in possesso del Mancio, sono incoraggia­nti: 16 palloni giocati nell’area avversaria, il 64 per cento dei contrasti vinti. «Significa che abbiamo personalit­à». Però anche troppi cali di concentraz­ione e troppe ripartenze concesse.

Nel calcio moderno non c’è niente di improvvisa­to e il lavoro tattico è al centro del villaggio azzurro. Mancini ha voglia di vincere la scommessa. Tra un anno sarà impossibil­e essere come i francesi, ma all’europeo itinerante del 2020, chissà. «Anche Deschamps è partito da molto lontano», spiega il neo c.t. Sognare aiuta a vivere meglio. E sul talento ci si può lavorare: Donnarumma e Chiesa sono molto più di una speranza. Il ritorno di Bernardesc­hi aumenterà la qualità, come l’inseriment­o di Barella in mezzo al campo. Poi bisogna ritrovare il miglior Belotti e sperare che Balotelli abbia davvero messo la testa a posto. Con Chiellini accanto a Bonucci crescerà l’esperienza in difesa. La prossima sarà anche la stagione decisiva di Verratti, che in Nazionale ha sempre ballato poco e male. Il calendario aiuta Mancini. Domani sfidiamo l’olanda, che ci precede di un posto nel ranking e come noi guarderà il Mondiale alla television­e. Da settembre la Nation League, con Polonia e Portogallo, sarà un’esperienza tosta. Le amichevoli con Ucraina e Stati Uniti, tra ottobre e novembre, non sono di prima fascia ma non vanno prese sottogamba. Nel 2019 solo partite ufficiali con l’adrenalina dei tre punti. Tutto è pronto. Non resta che andare incontro al futuro con incoscienz­a e un pizzico di follia.

Sperando che il peggio sia alle spalle.

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