NUOVOUMANESIMO PERLAMEDICINA
Aziendalizzazione, sviluppo tumultuoso della tecnologia diagnostica e chirurgica, informatizzazione. Radicali cambiamenti nella professione medica, dei quali occorre prendere atto in una società sempre più tecnologicamente avanzata, ma che, di fatto, riducono la dimensione umana ad apparati, cellule, reazioni chimiche. Il medico, però, non può ridursi a lettore di grafiche e l’infermo a un ammasso di molecole. E nasce la necessità di compiere ogni sforzo per recuperare quel patto plurimillenario, oggi sfibrato, tra medico e paziente. E lo sguardo va indirizzato alle scienze umane, le sole che possono permettere il ritrovamento della dimensione psicologica e spirituale del malato, un ritorno alle immutabili fondamenta dell’ arte medica. Ogni paziente ha una sua storia, che va oltre i sintomi. Purtroppo, né agli studenti in medicina né agli specializzandi viene insegnato come rapportarsi con il malato e i suoi familiari. La malattia grave minaccia l’integrità dell’uomo, con crollo dell’identità, accompagnato da ansia, depressione, disperazione. Ecco l’esigenza di costruire, con la partecipazione e il coinvolgimento di medici e pazienti, un legame emozionale e relazionale: l’empatia. Il termine therapeia, cioè cura, deve riacquistare il significato originale di servizio. È questo il compito delle Medical Humanities, discipline che offrono un valido aiuto per comunicare umanità. Istituzioni autorevoli come Consiglio Superiore di Sanità, società e centri scientifici, auspicano la rimodulazione dei piani di studio, estendendo al complesso delle peculiari discipline biomediche il sapere dell’etica, dell’antropologia, della sociologia, della psicologia, della storia della medicina, sia nei corsi di laurea, sia nelle scuole di specializzazione, nei corsi delle professioni sanitarie, soprattutto infermieristiche. L’insegnamento delle Medical Humanities è essenziale per permettere ai futuri medici d’essere edotti su cosa ci si aspetta da loro. La formazione umanistica, naturalmente, va interconnessa, in termini di continuità temporale, integrazione orizzontale e verticale, alle discipline biomediche. In una medicina condivisa il medico deve spiegare, ascoltare, comunicare, rifuggendo l’effimero, donando speranza, dando sicurezza. Le Medical Humanities vanno collocate in primo piano nell’agenda dei problemi della salute, esigenza propugnata, di recente, anche dalla prestigiosa rivista medica «The Lancet».
*Vicepresidente Consiglio Sup. di Sanità