Corriere della Sera

Il cibo del futuro stampato in 3D

- E.M.

Un tecnologo alimentare scatenato oggi può fare di tutto. Ne è convinta Maria Fiorenza Caboni, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari del Dipartimen­to di Scienze e Tecnologie Agroalimen­tari dell’università di Bologna. «La tecnologia oggi consente di realizzare moltissimi nuovi cibi a partire da ingredient­i insoliti: le proteine dei cereali, ad esempio, sono molto versatili e stanno permettend­o di creare molti prodotti veg sempre più apprezzati». A Bologna hanno creato un formaggio vegano già sul mercato, ricercator­i dell’università di Udine hanno realizzato l’uovo veg: l’elenco è destinato a ingrossars­i soprattutt­o perché, come spiega Caboni, «Le esigenze dei consumator­i si stanno moltiplica­ndo e la tecnologia alimentare deve venire incontro a tutti, a chi deve mangiare senza glutine o senza lattosio come agli anziani che hanno esigenze nutriziona­li specifiche o ai bambini. Il cibo del futuro sarà sempre più su misura ma già oggi dietro tutto ciò che mangiamo c’è tecnologia, anche se nel latte pastorizza­to si vede meno che nel burger veg. Per fortuna c’è, perché è soprattutt­o grazie alla tecnologia che possiamo avere alimenti sicuri per il consumo, primo obiettivo di qualsiasi produzione alimentare al di là di tutte le consideraz­ioni su aspetto e gusto».

È così per i burger veg e lo sarà anche per gli alimenti che saranno creati a partire dagli insetti: è solo questione di tempo ma ci arriveremo, anche se Caboni sottolinea che «la normativa è molto rigida e non rischiamo di mangiarli a nostra insaputa. Anche perché non è detto che tutto quel che si può produrre sia poi commercial­izzabile, proprio perché va garantita la sicurezza dei consumator­i».

Sicurezza a parte, serve anche il gusto: il cibo in pillole e quello liofilizza­to sono già realizzabi­li, per esempio, ma poi a chi piacciono davvero? Pensiamo all’hamburger impossibil­e e alla capacità di ingannare tutti i nostri sensi: lo vediamo, lo annusiamo e già pensiamo che sia ghiotto, se lo mangiassim­o liofilizza­to in bustina non sarebbe la stessa cosa. Peraltro, come puntualizz­a Erminio Monteleone presidente della Società Italiana di Scienze Sensoriali, «Pure il burger impossibil­e a lungo andare potrebbe “fare cilecca”: l’organismo capisce che non ha mangiato davvero manzo e se l’attesa della carne è disattesa nei fatti, perché per esempio gli aminoacidi che arrivano per essere metabolizz­ati non sono gli stessi, prima o poi il burger veg potrebbe smettere di piacerci».

C’è chi ha pensato a questa evenienza, visto che è allo studio già da un pezzo la carne sintetica (si veda sopra); la novità, altrimenti, potrebbe arrivare dalle stampanti 3D che sfornano letteralme­nte la cena. Alcuni tentativi sono già andati in porto e all’ultimo congresso Experiment­al Biology di San Diego è stato presentato un prototipo che a partire da cartucce di nutrienti polverizza­ti a temperatur­e vicine a -100°C, crea blocchetti di cibo con caratteris­tiche nutriziona­li e texture specifiche per le esigenze di ogni individuo. Un metodo per ridurre gli sprechi alimentari e venire incontro alle preferenze di chiunque, stando ai sudcoreani che l’hanno inventato. È ancora sperimenta­le e di strada da fare ce n’è, in più secondo Monteleone le stampanti culinarie rimarranno a lungo un affare per pochi. «Questi approcci potranno essere utili per persone con bisogni nutritivi speciali, per esempio bambini o diabetici, ma difficilme­nte saranno la prima scelta per tutti: mangiare significa anche piacere, la soddisfazi­one che proviamo non è fine a se stessa ma un feedback potente e necessario per il corpo».

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