L’inventore lo fa per l’ambiente Ma c’è chi dubita serva davvero
In un’ intervista Pat Brown, il biochimico che ha avuto l’idea dell’hamburger impossibile, è stato chiaro. «Non voglio dare un’opzione in più ai vegani, ma conquistare gli onnivori e convincerli che una polpetta vegetale è così deliziosa, nutriente ed economica da permettere loro di sostituire completamente la carne entro il 2035».
L’obiettivo quindi non è conquistare un posto accanto alla mortadella di seitan e al tofu, ma diventare un’occasione di svolta nella salvaguardia dell’ambiente. Non è un segreto per nessuno che l’allevamento di bovini sia un’attività inquinante a causa del consuil mo d’acqua e di emissioni di gas serra; se tutti ci mettiamo a mangiare hamburger al ritmo degli americani, il sistema non regge.
Così le polpette impossibili sembrano l’uovo di Colombo, almeno stando ai dati diffusi da Brown, perché possono piacere ai carnivori ma per produrle serve un ventesimo della terra e un quarto dell’acqua, con un ottavo delle emissioni di gas serra.
«Non sono tanto certa che i costi ambientali siano minimi — obietta Maria Fiorenza Caboni, presidente della Società Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari —. Un quintale di grano costa pochi euro e ha 12% di proteine, ma per estrarle serve moltissima acqua e l’intero processo ha un costo, anche ecologico, non irrisorio sebbene inferiore a quello della produzione di carne».
«Un chilo di carne inquina più di un chilo di verdura, ma i vegetali vanno mangiati tutti i giorni in quantità, un chilo di carne dovrebbe bastarci quasi un mese, se fossimo virtuosi inquineremmo meno anche senza dover ricorrere a sostituti vegetali», aggiunge Andrea Ghiselli, presidente della Società Italiana di Scienze dell’alimentazione.