Corriere della Sera

CATTEDRE PIÙ ALTE PER I PROF

Lettera sulla scuola Non si sente altro che ripetere la parola cambiament­o. Allora si cominci da questo: per le gite si scelgano mete locali, l’europa inizia a casa propria

- di Ernesto Galli della Loggia

Gentile signor ministro dell’istruzione,

immagino la quantità di pratiche, di dossier, di circolari, ognuna con relative decisioni importanti da prendere, che appena messo piede a viale Trastevere avrà trovato sulla sua scrivania. Ma non è per aggiungere altri impegni a quelli gravosi che lei già ha che le vorrei proporre di adottare subito alcune misure — peraltro assai semplici — adottabili quindi con estrema facilità. È solo perché esse darebbero subito l’idea, mi sembra, che qualcosa sta veramente per cambiare nella scuola italiana. Solo l’idea naturalmen­te, ma di sicuro assai importante, circa la direzione verso cui non solo a mio giudizio, mi illudo di credere, la scuola italiana deve andare.

Ecco dunque in breve le dieci misure che le propongo di prendere a cominciare già dal prossimo settembre:

1) Reintroduz­ione in ogni aula scolastica della predella, in modo che la cattedra dove siede l’insegnante sia di poche decine di centimetri sopra il livello al quale siedono gli alunni. Ciò avrebbe il significat­o di indicare con la limpida chiarezza del simbolo che il rapporto pedagogico — ha scritto Hannah Arendt, non propriamen­te una filosofa gentiliana, come lei sa — non può essere costruito che su una differenza struttural­e e non può implicare alcuna forma di eguaglianz­a tra docente e allievo. La sede propria della democrazia non sono le aule scolastich­e.

Ancora: 2) Sempre a questo principio deve ispirarsi la reintroduz­ione dell’obbligo per ogni classe di ogni ordine e grado di alzarsi in piedi in segno di rispetto (e di buona educazione) all’ingresso nell’aula del docente.

3) Divieto deciso nei confronti di tutte le «occupazion­i» più o meno simboliche e delle relative autogestio­ni che ormai si celebrano da decenni come un tempo la «festa degli alberi». Per la sempliciss­ima ragione che esse non servono a nulla se non, assai banalmente, a non studiare. Bisogna cominciare a dire le cose come stanno.

4) Cancellazi­one di ogni misura legislativ­a o regolament­are che preveda un qualunque ruolo delle famiglie o di loro rappresent­anze nell’istituzion­e scolastica. Dal momento che non ci sono rappresent­anti dei pazienti nelle strutture ospedalier­e, né degli automobili­sti negli Uffici della motorizzaz­ione, né dei contribuen­ti nell’agenzia delle Entrate, non si vede perché debba fare eccezione la scuola. Si chiama demagogia: meglio farne a meno.

5) Divieto di convocare gli insegnanti ad assemblee, riunioni, commission­i e consigli di qualunque tipo per più di tre o al massimo quattro volte al mese. La scuola non deve essere un riunionifi­cio.

6) Sull’esempio del Giappone, affidament­o della pulizia interna e del decoro esterno degli edifici scolastici agli studenti della scuola stessa. I quali potrebbero provvedere un’ora prima dell’inizio delle lezioni alternando­si a gruppi ogni dieci giorni. Oltre al piccolo ma non proprio indifferen­te risparmio economico, sarebbe un mezzo utilissimo per instillare negli studenti stessi il sentimento di appartenen­za alla propria scuola e per insegnare alle giovani generazion­i il rispetto delle proprietà pubbliche e gli obblighi della convivenza civile (non s’imbrattano i muri!). In fondo, l’alternanza scuola-lavoro non sarebbe meglio iniziarla proprio nella scuola?

7) Per superiori ragioni di igiene antropolog­ico-culturale divieto assoluto agli studenti (pena il sequestro) di portare non solo in classe ma pure all’interno

Bibliotech­e Dovrebbe essere un obbligo tenerle aperte ogni giorno per l’intero pomeriggio

della scuola lo smartphone. Possibilme­nte accompagna­to dalla proposta di legge di vietarne comunque la vendita o l’uso ai minori di 14 anni (divieto che evidenteme­nte non vale per i semplici cellulari).

8) Obbligo per tutti gli istituti scolastici di organizzar­e e tenere aperta ogni giorno per l’intero pomeriggio una biblioteca e cineteca con regolari cicli di proiezioni, utilizzand­o, se necessario, anche studenti di buona volontà. L’adempiment­o di tale obbligo deve rientrare tra gli elementi basilari di valutazion­e della qualità degli istituti stessi. Ai fondi necessari si può provvedere almeno parzialmen­te dimezzando l’assegnazio­ne di 500 euro agli insegnanti che utilizzano tale somma non per acquistare libri. Il motto della scuola diventi : «Il buon cinema e la lettura della pagina scritta innanzi tutto!».

9) Alle gite scolastich­e sia fatto obbligo di scegliere come meta solo località italiane. Che senso ha per un giovane italiano conoscere Berlino o Barcellona e non aver mai messo piede a Lucca o a Matera? L’europa comincia a casa propria.

10) Istituti e «plessi scolastici» devono essere intitolati al nome di una personalit­à illustre e devono essere designati in tutte le circostanz­e e in tutti i documenti con tale nome, non già (come avviene oggi più di una volta) con un semplice numero o l’indicazion­e di una via. In fin dei conti anche ai più giovani forse non dispiace avere un passato.

Gentile signor ministro, lei si trova oggi alla testa di un dicastero importante nel quadro di un governo che ama definirsi del «cambiament­o»; che da quando ha cominciato a vedere la luce non ha fatto altro che ripetere questa parola: cambiament­o! E allora coraggio, cambi! Cambi subito almeno qualche piccola cosa: che poi, dia retta, piccola non sarebbe proprio per nulla.

Servirebbe limitarle al massimo a quattro al mese. Alle pulizie penseranno gli studenti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy