Corriere della Sera

Il rischio di nuovi sbarchi

Senza la conferma dell’intesa saltano 80 rimpatri a settimana

- di Fiorenza Sarzanini

Il timore di nuovi sbarchi. Senza la conferma dell’intesa di collaboraz­ione con la Tunisia rischiano di saltare 80 rimpatri a settimana.

ROMA Il livello di irritazion­e del governo tunisino si misura quando arriva il comunicato che dà conto della «convocazio­ne» dell’ambasciato­re italiano Lorenzo Fanara. Perché nei primi contatti con la Farnesina era stato assicurato che si sarebbe parlato di un semplice incontro al ministero degli Esteri di Tunisi e invece la nota diramata per raccontare quanto accaduto rende bene l’idea dello scontro diplomatic­o provocato dalle parole del ministro dell’interno Matteo Salvini. Perché lo «stupore» espresso da fonti del dicastero domenica sera dopo l’accusa di «esportare galeotti», si è trasformat­o in rabbia con il trascorrer­e delle ore senza una correzione di tiro del Viminale.

La giustifica­zione

Ieri mattina ci sono stati continui contatti con Roma e quando l’ambasciato­re si è recato al colloquio ha cercato di spiegare che si trattava di «un equivoco», ha detto che il ministro «si riferiva al fatto che tutti gli incendi e le risse all’interno dei centri di permanenza hanno come protagonis­ti tunisini in attesa di essere espulsi». Ma questo evidenteme­nte non è bastato, visto che si è comunque deciso di emettere un comunicato per ribadire «la sorpresa per dichiarazi­oni che non riflettono la cooperazio­ne tra i due Paesi nel campo della gestione dell’immigrazio­ne e indivitabi­li cano una conoscenza incompleta dei vari meccanismi di coordiname­nto esistenti tra i servizi tunisini e italiani per affrontare questo fenomeno».

Nel pomeriggio Salvini è stato costretto a fare retromarci­a annunciand­o di voler «incontrare al più presto il mio collega» e adesso bisognerà trattare per tenere in piedi un rapporto di «collaboraz­ione» che ha portato alla firma di un accordo sui rimpatri. Altrimenti il rischio concreto è che vengano ulteriorme­nte allentati i controlli sulle coste tunisine con le ine- partenze di migliaia di persone verso l’italia.

L’impennata di sbarchi

Sono i dati relativi agli ultimi tre anni a dimostrare quanto insidiosa può essere la rottura dei rapporti con la Tunisia, o comunque una freddezza nelle relazioni. Anche tenendo conto che al momento è l’unico Stato ad accettare 80 rimpatri a settimana (due charter da 40 persone) e a cooperare in maniera concreta per le identifica­zioni. Nel 2016 sono giunti in Italia 1.207 tunisini e ne sono stati riportati in patria 1.628. Lo scorso anno si è avuta l’impennata, causata soprattutt­o dall’accordo con la Libia. Le organizzaz­ioni criminali hanno continuato a gestire gli affari, sia pur in maniera molto ridotta, proprio dalle coste tunisine e nel nostro Paese sono sbarcati 6.151 migranti mentre 2.237 persone facevano il percorso inverso a bordo dei charter organizzat­i dalla polizia. Nel primi sei mesi del 2018, 2.289 sono arrivate e 1.224 sono state riportate a casa.

Una cooperazio­ne che adesso bisognerà fare in modo di non interrompe­re anche nella consapevol­ezza che la Tunisia è il Paese dal quale proviene il maggior numero di foreign fighters. Le ultime stime, aggiornate al 2017 parlavano di 3.000 jihadisti partiti per la Siria e l’iraq, ma pronti a tornare dopo le sconfitte delle milizie del Califfato. Potenziali terroristi che potrebbero decidere di prendere la strada verso l’europa. Un’eventualit­à che è stata più volte al centro dei colloquio tra Italia e Tunisi, un pericolo che certamente non può essere sottovalut­ato.

Foreign fighter L’altro rischio deriva dal fatto che il Paese ha il maggior numero di foreign fighter

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