Sfida intercettazioni per Bonafede Il vertice di tre ore con Orlando
Il ministro annuncia una visita a Bari per l’emergenza del Palazzo di Giustizia
ROMA L’unico magistrato a cui ha telefonato dopo la nomina a Guardasigilli, assicura pubblicamente, è stato il presidente del «sindacato delle toghe», Francesco Minisci. Alfonso Bonafede gli ha annunciato una visita a Bari, dove c’è «l’emergenza concreta» di un Palazzo di Giustizia trasferito in una tendopoli. Il capo dell’associazione nazionale magistrati conferma: «Bisogna intervenire immediatamente per tornare a lavorare in una situazione dignitosa. Noi mercoledì (domani, ndr) incontreremo i colleghi in un’assemblea sotto le tende, e se ci sarà anche il ministro sarà il benvenuto. Altrimenti ne parleremo alla prima occasione». Ma per il presidente dell’anm di emergenza da affrontare ce n’è pure un’altra, ugualmente urgente: la riforma delle intercettazioni, che senza una moratoria entrerà in vigore a fine luglio.
«Mancano le strutture per farla funzionare, e nel merito è una riforma che non porta benefici, solo danni alle indagini», insiste Minisci. E c’è da ritenere che il quarantaduenne neoministro della Giustizia sia d’accordo, visto che non più tardi di tre mesi fa, alla vigilia delle elezioni, definiva la nuova legge «un’autentica follia, non sono contenti né magistrati né avvocati, segno che si tratta di una riforma scritta con i piedi. Non va bene che il filtro delle conversazioni più o meno rilevanti sia applicato e deciso dalle forze di polizia, è un grave vulnus per gli indagati». In effetti anche le Camere penali, come i principali procuratori, hanno chiesto di rivedere le nuove norme, e dunque è probabile che la scadenza di fine luglio sia l’occasione per fermare l’applicazione della riforma e avere il tempo di modificarla.
Per il resto, il «contratto di governo» in tema di giustizia è scritto, ma il percorso per realizzarlo è tutto da tracciare. Ieri, nel rapido saluto rivolto ai funzionari e dipendenti ministeriali parlando da un piccolo palco approntato nel cortile del palazzo di via Arenula, Bonafede ha spiegato che «in passato ognuno tendeva a buttare all’aria quello che era stato fatto prima, ma con me non sarà così. Darò una direzione al ministero, ma per me la continuità è un valore per il buon funzionamento dell’amministrazione». Applausi di tutti i presenti. Soprattutto impiegati, giacché a leggere il programma messo insieme da Cinque Stelle e Lega, sul piano dei contenuti di continuità con il governo precedente ce ne può essere ben poca. Anzi, l’obiettivo sembra demolire gran parte delle riforme approvate negli ultimi anni (a parte il nuovo diritto fallimentare): dall’ordinamento penitenziario (che con ogni probabilità sarà lasciato morire senza farlo entrare in vigore) alla revisione della geografia giudiziaria con il ripristino dei tribunali aboliti, fino alla depenalizzazione e ai riti alternativi per ridurre le pendenze giudiziarie.
Per ciò che non comporta nuove spese, come la riformulazione di alcuni reati (dall’estensione della «legittima difesa domiciliare» all’aumento di pene per la corruzione in atti d’ufficio), la strada potrebbe essere spianata. Ma ancora è presto per definire le tappe. Venerdì sera Bonafede è rimasto fino a mezzanotte, per oltre tre ore, con il predecessore Andrea Orlando che gli ha illustrato la situazione in ogni dettaglio. Compresa l’emergenza Bari, dove sono state individuate due possibili soluzioni (non gradite a tutti, però ) in attesa che partano i lavori per la cittadella giudiziaria, con i fondi già stanziati. Il nuovo Guardasigilli ha definito «importantissimo» l’incontro con il vecchio, e ora ha il problema di trovare i collaboratori per un
Banco di prova
Il suo giudizio prima della nomina: «Una follia, riforma fatta con i piedi»
lavoro che non prevede pause; entro oggi, ad esempio, ci sono da firmare sette proroghe di «carcere duro» per altrettanti detenuti camorristi.
In attesa dei sottosegretari (circolano i nomi del neosenatore grillino Elio Lannutti e del professor Daniele Piva), c’è da scegliere il capo di gabinetto; ruolo strategico, solitamente affidato a un magistrato. Se fosse vero che Bonafede intende pescare nella corrente davighiana di Autonomia e indipendenza, sarebbe più prudente aspettare le elezioni per il Csm dell’8 luglio. Quel gruppo, infatti, è nato da una scissione di Magistratura indipendente dovuta anche al l’eccessiva contiguità con il potere politico contestata ai dirigenti. Una nomina ministeriale prima del voto potrebbe risultare controproducente, ma «le logiche correntizie non ci appartengono», assicurano i nuovi inquilini del ministero. Sarà un altro banco di prova.