Rivincita del pasticciere che negò la torta ai gay La Corte Usa: suo diritto
I giudici supremi: «Va tutelata la libertà religiosa»
La libertà religiosa e di espressione, anche se sotto forma di torta, prevale sul diritto di non discriminazione dei gay. Lo ha stabilito ieri la Corte Suprema degli Stati Uniti, con una sentenza che ha subito suscitato polemiche nel Paese.
È ancora presto per verificare l’impatto sull’ordinamento e sulla giurisprudenza federale, visto che lo stesso collegio nel 2015 aveva dichiarato la piena legittimità delle unioni tra omosessuali. Il dispositivo, comunque, approvato con una maggioranza di sette giudici a due, dà ragione a Jack Phillips, 62 anni, titolare di una piccola pasticceria di Lakewood in Colorado, che si era rifiutato di preparare il dolce nuziale per il matrimonio tra due uomini, David Mullins e Charlie Craig.
Scrive il giudice Antony Kennedy, l’estensore della sentenza: «Le leggi e la Costituzione possono, e in alcuni casi devono, proteggere gli individui gay e le coppie gay nell’esercizio dei loro diritti civili, ma le obiezioni filosofiche e religiose al matrimonio gay sono opinioni protette e in alcuni casi forme protette di espressione. Quanto a Phillips, la sua affermazione che attraverso le sue abilità artistica possa esprimere l’appoggio al matrimonio (tra omosessuali, ndr) ha un fondamento nel Primo emendamento (che tutela la libertà di espressione e impone il rispetto per ogni fede religiosa, ndr) ».
La vicenda risale al 2012. Charlie, sua madre e David entrarono nel negozio di Jack, ma furono respinti: «Sentite, vi posso vendere crostate per il compleanno, quello che volete. Ma non farò mai una torta per un matrimonio gay».
Mullins, un manager di 33 anni, e Craig, 37, architetto di interni, lo citarono in tribunale, accusandolo di aver violato le leggi anti discriminazione. Il pasticciere rilanciò appellandosi proprio al Primo emendamento della Costituzione,: «Le mie non sono solo torte, ma per molti versi, oggetti d’arte». Ne è talmente convinto che sulla sua bottega ha messo l’insegna «Masterpiece Cakeshop», il negozio delle «torte capolavoro». Inoltre, ha raccontato il New York Times, tiene la Bibbia sempre a portata di mano: «Qui c’è scritto che l’unione carnale deve essere tra un uomo e una donna. Non voglio che la mia creatività, la mia arte, i miei talenti siano forzati per contribuire a un evento religioso che viola le mie convinzioni religiose».
Fino a ieri la giustizia aveva respinto queste giustificazioni. La Commissione dei diritti civili e poi la Corte di Appello del Colorado avevano stabilito come fosse difficile dedurre il pensiero del pasticciere dalle decorazioni di panna o dai canditi. Il negoziante restava libero di dire quello che voleva sui matrimoni gay, senza, però, negare un servizio, discriminando i cittadini.
Poteva finire lì, ma Phillips non si è arreso, presentando istanza alla Corte suprema di Washington. Rapidamente lo scontro è diventato sociale e politico, a livello nazionale. L’amministrazione di Donald Trump aveva invitato ufficialmente la Corte ad accogliere il ricorso del pasticciere, appoggiato anche dall’alliance Defending Freedom, un’organizzazione di cristiani conservatori. Dall’altra parte si sono schierate varie associazioni, tra cui l’american Civil Liberties Union.
Sette giudici della Corte si sono riconosciuti nel testo di Kennedy, superando la linea di divisione tra le cinque toghe nominate da presidenti repubblicani e le quattro da democratici. Hanno votato contro Ruth Bader Ginsburg, nominata da Bill Clinton, e Sonia Sotomayor, designata da Barack Obama.
La decisione
Tra i togati è finita 7 a 2 «L’abilità artistica di Mr Phillips è protetta dal Primo emendamento»