La battaglia di Malala per il diritto di far festa
LONDRA Per difendere il diritto allo studio delle ragazze si era beccata una pallottola in testa dai talebani. Adesso che è iscritta a Oxford, località più pacifica dell’afghanistan, Malala ha scelto una nuova battaglia: il diritto degli studenti alle feste scatenate. La giovane premio Nobel per la pace aveva sempre detto di vedere il proprio futuro in politica: e ha cominciato facendosi eleggere rappresentante degli studenti con delega alla vita sociale. Ma ha basato la propria «campagna elettorale» sulla revoca del bando ai «Bops», le feste a tema dei college di Oxford dove l’alcol scorre a fiumi e ci si traveste in modo bizzarro. Un programma che la mette in rotta di collisione con Alan Rusbridger, l’ex direttore del Guardian che ora fa il preside del Lady Margaret Hall, il college frequentato da Malala. Rusbridger aveva vietato le feste a causa delle intemperanze alcoliche e delle mascherate di dubbio gusto: una volta uno studente si era vestito da Harvey Weinstein, il produttore stupratore di Hollywood, mentre un altro si era presentato come Stephen Hawking, con tanto di sedia a rotelle. Ora Malala propone di reintrodurre «Bop Liquer» e «Bop Pizzas», per la gioia dei colleghi. Lei resta astemia, in ossequio alla fede islamica, ma il suo slogan per il futuro potrebbe diventare «no Malala, no party».