Dalle mafie all’isis, le sfide dei Ros «Seguiamo le lezioni di dalla Chiesa»
Il generale Angelosanto: contro i lupi solitari dobbiamo giocare d’anticipo
«Ai miei carabinieri ricordo sempre gli insegnamenti del generale Carlo Alberto dalla Chiesa: non fermarsi all’episodio, analizzare il contesto, ragionare e muoversi come l’avversario. Non accontentarsi dopo il primo colpo, ma continuare e smantellare tutto il gruppo criminale». Il generale di brigata Pasquale Angelosanto, dall’ottobre scorso alla guida del Raggruppamento operativo speciale dell’arma, non nasconde che l’attuale situazione italiana «deve essere seguita con attenzione. Senza allarmismi, certo, ma con molta attenzione». Per il Ros, fondato 28 anni fa, è un momento storico: oggi proprio per l’attività del reparto d’élite investigativa dei carabinieri,
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Le emergenze sulla bandiera dell’arma sarà appuntata la medaglia d’oro al merito civile durante la cerimonia per il 204° anniversario dell’istituzione. Nella motivazione si ricorda come il Raggruppamento sia «l’erede delle sezioni speciali anticrimine del generale dalla Chiesa».
Terrorismo internazionale, eversione interna, mafie. Oggi qual è il pericolo maggiore?
«I gruppi anarco-insurrezionalisti sono tutt’altro che regrediti. Anzi, sono in avanzamento. E in noi carabinieri hanno individuato uno degli obiettivi privilegiati: i recenti attentati lo confermano, ci identificano con lo Stato, secondo loro siamo la repressione. Il rischio è che si infiltrino nella protesta di piazza per coinvolgere il maggior numero di persone».
Quanto è concreta questa minaccia?
«L’attentato alla caserma dell’esercito fra Trento e Bolzano ci dice che la frangia antimilitarista è attiva. Come l’ala movimentista sociale contraria ai centri di identificazione ed espulsione. Sono mini cellule, composte da 2-4 persone».
Quasi come «lupi solitari».
«Questa è un’altra storia. Sembra un paradosso ma la sconfitta militare dell’isis non ha provocato una riduzione della sua pericolosità terroristica in Occidente. Qui però dei circa 130 foreign fighter partiti per i teatri di guerra, ne teniamo sotto controllo una ventina. Rischiano di catalizzare l’attenzione di chi vuole abbracciare la lotta jihadista. Gli altri sono caduti in combattimento oppure sono dispersi, o ancora detenuti. In tre anni oltre 250 soggetti pericolosi sono stati espulsi».
La rete di sicurezza dunque funziona.
«Per molti fattori, ma non è fortuna. Poiché le azioni dei lupi solitari sono a prevedibilità zero — fra la preparazione e l’attentato possono passare poche ore — noi interveniamo prima, durante la radicalizzazione, sul web o in famiglia. Ma non bisogna sottovalutare Al Qaeda: ha cellule strutturate, attive soprattutto nel Maghreb islamico».
Cosa nostra è ancora mafia più temuta? la
«Ora è in fase di riorganizzazione. Non c’è un vertice regionale come prima, ma soggetti che controllano alcune zone. Penso al Trapanese e a Matteo Messina Denaro: lì negli ultimi otto anni abbiamo arrestato più di 90 associati. Colpi che sono frutto di una manovra investigativa in profondità prolungata nel tempo, con interventi ripetuti. Non gli diamo il tempo di riprendersi».
I gruppi anarchici sono in avanzamento: rischio infiltrazioni nelle proteste di piazza
La ‘ndrangheta invece non conosce crisi.
«È ricca, dispone di grande liquidità e ha un’enorme capacità corruttiva sugli enti amministrativi, non solo in Calabria, nelle aree di Crotone e Catanzaro, ma in Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna. I clan investono all’estero, dal Canada all’australia. Camorra e mafia pugliese preferiscono Spagna e Inghilterra: alcune cosche hanno fatto il salto di qualità nel riciclaggio di capitali sporchi. Il nostro obiettivo, oltre a individuare componenti militari, è inaridire le loro fonti di arricchimento. Impoverirle e restituire al territorio quello che hanno portato via». ● Dal 2015 al 2017 è stato capo del III reparto «Telematica» dello Stato Maggiore del Comando generale dell’arma