Brasile e tangenti Techint, 4 inviti a comparire La difesa: nessun illecito
MILANO Quattro inviti a comparire del genere notificato dalla Procura di Milano alla famiglia Rocca per l’ipotesi di «corruzione internazionale» in Brasile da parte della multinazionale italiana Techint (90 miliardi di fatturato annuo con 75 mila dipendenti di 450 società in 45 nazioni) non si sono quasi mai visti in una indagine per tangenti. Perché quasi mai capita, come qui, che gli inquirenti riescano a tracciare — dalla partenza all’arrivo nelle tasche dell’allora direttore della compagnia petrolifera statale Petrobras — 7,8 milioni di franchi svizzeri e 500 mila dollari: tangenti pari allo 0,5% del valore delle forniture di tubi assegnate nel 2009-2013 da Petrobras a trattativa privata alla Confab, società di Techint tramite Tenaris. E tuttavia — mentre il gruppo rivendica la propria correttezza valorizzando le revisioni esterne di Kpmg, di Ernst&young e di uno studio statunitense — paradossalmente proprio il fatto che la traiettoria della tangente sia tutta estera pone al pm Donata Costa il rebus della giurisdizione, visto che un processo in Italia si potrebbe fare
Il nodo della giurisdizione Ricostruita dai pm milanesi la catena dei pagamenti, ma è tutta all’estero: il rebus della giurisdizione
solo se almeno un segmento di condotta fosse collocabile in Italia. Sinora risulta che Renato Duque, direttore servizi di Petrobras, aveva una società panamense, Haylay, gestita dal prestanome Joao Antonio Bernardi Filho e titolare in Svizzera del conto 1006547 presso la Banque Privée Bcp Sa, sul quale dal 2 ottobre 2009 al 23 ottobre 2013 arrivarono 500 mila dollari e 7,8 milioni di franchi svizzeri usciti da 4 società tutte nell’orbita dell’impero dei Rocca: le uruguaiane Sociedad de Emprendimientos Siderurgicos Sa e Fundiciones del Pacifico Sa, entrambe con «beneficiario economico» l’holding di controllo San Faustin SA, e le panamensi Gabiao Investments Inc. e Moonstone Inc., riconducibili a un avvocato del gruppo Techint, Mariano Repetto. In più i bonifici risultano disposti da due fiduciarie elvetiche (Timacon e Gestorfin) la cui responsabile Anna Maria Giorgetti Cameroni siede nel cda della San Faustin svizzera e dice di aver attuato indicazioni di Hector Alberto Zabaleta, dirigente in pensione di Techint in Argentina. Se sicuro è il filo dei soldi, più incerto è a chi ricondurne la responsabilità: perché è presumibile che i fratelli Paolo e Gianfelice Rocca (ex n.1 di Assolombarda, nel cda delle università Bocconi e Luiss), il nipote Lodovico Palu e il cugino Roberto Bonatti — non presentatisi in Procura quando il 18 aprile furono convocati in gran segreto come amministratori di San Faustin — argomentino, dalla tolda di un fatturato di 90 miliardi l’anno, di non poter «vedere» un rivolo di qualche milione di euro se in ipotesi mosso illecitamente da un manager «periferico».