RIFORMA DELL’EUROZONA, LA CAUTELA DI MERKEL
Probabilmente Emmanuel Macron si starà domandando se la risposta sia valsa l’attesa. Ci sono voluti più di otto mesi perché Angela Merkel si decidesse a interrompere il suo assordante silenzio sulle proposte di riforma per l’eurozona, lanciate dal presidente francese, preoccupato di corazzare la moneta unica contro future crisi sistemiche. «Cosa vuole la Germania in Europa? Io non l’ho ancora capito», si chiedeva poche settimane fa l’ex ministro degli Esteri, Joschka Fischer. Ora la Pizia della cancelleria ha finalmente parlato. Ma se qualcuno si fosse illuso che tanto attendismo potesse preludere a un «big bang» di Angela Merkel, decisa a plasmare la sua legacy politica, beh non è così. C’è tutto il senso merkeliano per la «Bescheidenheit», la modestia e il pragmatismo dei piccoli passi, nella risposta della cancelliera. A cominciare dalla semiotica dell’annuncio: a Macron, che aveva articolato la sua visione nel grand discours della Sorbona e l’aveva ribadita con un altro capolavoro retorico nella sala di Aquisgrana dove venivano incoronati i re del Sacro Romano Impero, Merkel ha scelto di precisare la posizione della Germania in una intervista alla Frankfurter Allgemeine am Sonntag.
E il messaggio è in piena coerenza con il medium. Fa diverse concessioni, alcune a suo modo generose e inattese, la cancelliera. Ma tutto resta all’interno di un quadro minimalista, ben delimitato da paletti, riassunti nella frase chiave di tutta l’intervista: «La solidarietà fra gli europei non potrà mai condurre a una unione dei trasferimenti, ma dovrà aiutare gli altri ad aiutare se stessi». Un precetto protestante destinato a consolidare uno «status quo plus», deludente per le ambizioni di Macron.
Tant’è. Merkel si dice in favore della trasformazione dell’ems, il meccanismo europeo di stabilità, in un vero e proprio Fondo Monetario Europeo, capace di intervenire con linee di credito a lungo e a breve in soccorso di Paesi colpiti da crisi del debito sovrano. Con una differenza decisiva però: se Francia e Bruxelles suggeriscono uno strumento comunitario, sotto il controllo dell’europarlamento, nell’idea tedesca il nuovo fondo dovrà «essere organizzato in modo intergovernativo e rimanere sotto il vaglio dei Parlamenti nazionali», cioè del Bundestag. Merkel dice sì anche
Piccoli passi Dalle frasi della cancelliera tedesca emergono modestia e pragmatismo
Unione bancaria Sì al completamento, ma si tace sul tema dell’assicurazione comune sui depositi
al completamento dell’unione bancaria, ma tace sul tema cruciale dell’assicurazione comune sui depositi. Per ogni sì, c’è una sottile e invalicabile linea rossa: sì al bilancio dell’eurozona per gli investimenti, dedicato a correggere le debolezze strutturali di alcuni Paesi, ma la sua dotazione dovrà essere «in miliardi a due cifre» e sul lato basso della forchetta. La cancelliera fa più strada sul tema «esistenziale» dei rifugiati, dove si schiera apertamente per il diritto d’asilo comune e l’agenzia europea per i migranti, proponendo un sistema flessibile di condivisione delle re- sponsabilità. E nella concessione più grande a Macron e alla Commissione, apre sulla difesa e la sicurezza europee, sottoscrivendo la necessità di una «cultura strategica comune».
È una risposta nel suo complesso modesta, frutto dello scetticismo e dei timori con cui la grande visione di Macron è stata accolta in Germania, non solo da una Cdu scottata dall’emorragia di voti a destra, ma anche da una parte della Spd, non del tutto convinta che sarà l’europa il cavallo di battaglia del suo rilancio. Ma questa è. E con essa la discussione è chiusa. Come Lutero davanti alla Dieta di Worms, Angela Merkel sembra dire a Macron, «hier stehe ich und kann nicht anders», questa è la mia posizione e non posso cambiarla. Al presidente francese forse non piacerà, ma dovrà adeguarsi.