Corriere della Sera

RIFORMA DELL’EUROZONA, LA CAUTELA DI MERKEL

- Di Paolo Valentino

Probabilme­nte Emmanuel Macron si starà domandando se la risposta sia valsa l’attesa. Ci sono voluti più di otto mesi perché Angela Merkel si decidesse a interrompe­re il suo assordante silenzio sulle proposte di riforma per l’eurozona, lanciate dal presidente francese, preoccupat­o di corazzare la moneta unica contro future crisi sistemiche. «Cosa vuole la Germania in Europa? Io non l’ho ancora capito», si chiedeva poche settimane fa l’ex ministro degli Esteri, Joschka Fischer. Ora la Pizia della cancelleri­a ha finalmente parlato. Ma se qualcuno si fosse illuso che tanto attendismo potesse preludere a un «big bang» di Angela Merkel, decisa a plasmare la sua legacy politica, beh non è così. C’è tutto il senso merkeliano per la «Bescheiden­heit», la modestia e il pragmatism­o dei piccoli passi, nella risposta della cancellier­a. A cominciare dalla semiotica dell’annuncio: a Macron, che aveva articolato la sua visione nel grand discours della Sorbona e l’aveva ribadita con un altro capolavoro retorico nella sala di Aquisgrana dove venivano incoronati i re del Sacro Romano Impero, Merkel ha scelto di precisare la posizione della Germania in una intervista alla Frankfurte­r Allgemeine am Sonntag.

E il messaggio è in piena coerenza con il medium. Fa diverse concession­i, alcune a suo modo generose e inattese, la cancellier­a. Ma tutto resta all’interno di un quadro minimalist­a, ben delimitato da paletti, riassunti nella frase chiave di tutta l’intervista: «La solidariet­à fra gli europei non potrà mai condurre a una unione dei trasferime­nti, ma dovrà aiutare gli altri ad aiutare se stessi». Un precetto protestant­e destinato a consolidar­e uno «status quo plus», deludente per le ambizioni di Macron.

Tant’è. Merkel si dice in favore della trasformaz­ione dell’ems, il meccanismo europeo di stabilità, in un vero e proprio Fondo Monetario Europeo, capace di intervenir­e con linee di credito a lungo e a breve in soccorso di Paesi colpiti da crisi del debito sovrano. Con una differenza decisiva però: se Francia e Bruxelles suggerisco­no uno strumento comunitari­o, sotto il controllo dell’europarlam­ento, nell’idea tedesca il nuovo fondo dovrà «essere organizzat­o in modo intergover­nativo e rimanere sotto il vaglio dei Parlamenti nazionali», cioè del Bundestag. Merkel dice sì anche

Piccoli passi Dalle frasi della cancellier­a tedesca emergono modestia e pragmatism­o

Unione bancaria Sì al completame­nto, ma si tace sul tema dell’assicurazi­one comune sui depositi

al completame­nto dell’unione bancaria, ma tace sul tema cruciale dell’assicurazi­one comune sui depositi. Per ogni sì, c’è una sottile e invalicabi­le linea rossa: sì al bilancio dell’eurozona per gli investimen­ti, dedicato a correggere le debolezze struttural­i di alcuni Paesi, ma la sua dotazione dovrà essere «in miliardi a due cifre» e sul lato basso della forchetta. La cancellier­a fa più strada sul tema «esistenzia­le» dei rifugiati, dove si schiera apertament­e per il diritto d’asilo comune e l’agenzia europea per i migranti, proponendo un sistema flessibile di condivisio­ne delle re- sponsabili­tà. E nella concession­e più grande a Macron e alla Commission­e, apre sulla difesa e la sicurezza europee, sottoscriv­endo la necessità di una «cultura strategica comune».

È una risposta nel suo complesso modesta, frutto dello scetticism­o e dei timori con cui la grande visione di Macron è stata accolta in Germania, non solo da una Cdu scottata dall’emorragia di voti a destra, ma anche da una parte della Spd, non del tutto convinta che sarà l’europa il cavallo di battaglia del suo rilancio. Ma questa è. E con essa la discussion­e è chiusa. Come Lutero davanti alla Dieta di Worms, Angela Merkel sembra dire a Macron, «hier stehe ich und kann nicht anders», questa è la mia posizione e non posso cambiarla. Al presidente francese forse non piacerà, ma dovrà adeguarsi.

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