Corriere della Sera

Ombre di default sull’argentina che torna «in terapia» dal Fmi

Accordo con il Fondo monetario per un prestito da 50 miliardi di dollari

- (Ap) Rocco Cotroneo (Afp) Lorenzo Cremonesi

L’argentina chiude un accordo con il Fondo monetario, tornando a ricevere aiuti a 15 anni dal suo storico default. Ma le ombre del passato, in questi giorni di forti turbolenze sui mercati finanziari, impediscon­o per ora che torni la calma a Buenos Aires e dintorni.

Soffre ancora il peso argentino che continua a perdere valore, e preoccupa gli osservator­i anche il Brasile, con il real a nuovi minimi contro il dollaro e la banca centrale costretta a forti acquisti di sostegno. Il timore è che dopo Turchia e Argentina la speculazio­ne possa attaccare anche la maggior economia latinoamer­icana.

Il presidente argentino Mauricio Macri vola al G7 in Canada per ribadire gli impegni presi dal suo governo al momento di firmare con l’fmi. Il prestito è di notevoli dimensioni, 50 miliardi di dollari per tre anni, così come gli aggiustame­nti all’economia nazionale che Macri ha promesso di mettere in atto. Prima di tutto sull’inflazione, una piaga del 25 per cento all’anno in Argentina. Dovrà scendere in tre tappe fino al 9 per cento all’anno nel 2021, ha spiegato il ministro delle Finanze Nicolas Dujovne. Ma preoccupa ancor di più l’impegno di ridurre il deficit di bilancio, con una dura meta dell’1,3 per cento del Pil il prossimo anno e l’azzerament­o nel 2020.

Il prestito è il classico «stand by» per i Paesi in difficoltà. L’argentina avrà accesso subito a 15 miliardi di dollari, e il restante sarà a disposizio­ne se ce ne sarà bisogno. La numero uno del Fondo, Christine Lagarde, ha detto di appoggiare «energicame­nte» le riforme in atto volute da Macri. Come a prevenire le consuete accuse, l’fmi assicura che le mete sono state ideate dal governo argentino e Macri si è impegnato a mantenere inalterate nel triennio le spese per l’assistenza sociale.

Obiettivo di Macri e della Lagarde è evitare la tragedia del 2001-2002, quando le misure di austerità concordate con l’fmi finirono per strozzare l’economia argentina, già in forte recessione, provocando la peggior crisi della sua storia. All’epoca i tagli si abbatteron­o su una popolazion­e stremata dalla disoccupaz­ione e dal crollo del valore del peso. Questa volta l’impegno è non toccare la spesa sociale per tutta la durata del prestito, e se le condizioni dell’economia dovessero peggiorare, dice Lagarde, «ci saranno dispositiv­i per aumentare le risorse destinate alle priorità sociali».

La differenza con la crisi precedente, comunque, è che l’economia argentina è oggi ancora in fase di crescita (il 2,9% nel 2017, circa il 2 quest’anno), mentre la crisi ha colpito soprattutt­o il peso, con una svalutazio­ne rispetto al dollaro del 25 per cento dall’inizio dell’anno. A nulla sono servite le misure precedenti alla richiesta di aiuto al Fmi, come l’utilizzo delle riserve valutarie o una stretta dei tassi addirittur­a fino al 30 per cento.

L’opposizion­e a Macri, a partire dal kirchneris­mo, grida al complotto della finanza internazio­nale, prevedendo tempi duri. «Gli obiettivi dell’accordo provochera­nno migliaia di licenziame­nti, meno spese per la sanità e la scuola, verranno colpite le pensioni e i lavoratori. In pratica sarà una raffica di misure contro il popolo argentino», ha dichiarato il deputato di sinistra Nicolas del Cano. Condizioni

● Buenos Aires ha concluso con il Fondo monetario internazio­nale l’accordo per un prestito di 50 miliardi di dollari in tre anni

● L’argentina avrà accesso subito a 15 miliardi di dollari, il restante sarà a disposizio­ne se ce ne sarà bisogno

● Per scongiurar­e la crisi che le misure di austerità concordate con l’fmi provocaron­o nel 20002001, il patto con l’organizzaz­ione è di evitare tagli alla spesa sociale verso la Libia», si legge nella risoluzion­e Onu.

Ma ancora più noti i quattro libici. Ahmed Dabbashi da quattro o cinque anni comanda una delle più importanti bande criminali nelle regioni occidental­i della Tripolitan­ia. Tra le sue numerose attività si annovera anche il contrabban­do di petrolio verso la Tunisia e l’italia. Dalla seconda metà dello scorso settembre, due mesi dopo gli accordi con Roma, la sua posizione si è indebolita nel suo feudo di Sabratha. A Tripoli si dice sia stato anche ferito nel corso di gravi scontri con altre milizie per il controllo del flusso di migranti da sud. Un fratello e un cugino furono fermati all’aeroporto di Tripoli mentre cercavano di fuggire con un volo per Istanbul. Il clan Dabbashi si è ora riposizion­ato a Zawiya, una ventina di chilometri a est di Tripoli, dove ha ripreso le sue attività a sta cercando di riconquist­are la piazza di Sabratha. Ma la lotta tra milizie è continua, serrata. A Zawiya operano altri due personaggi che appaiono sulla lista Onu. Il primo è Mohammad Keshlav, soprannomi­nato «Qasab», cannone. Il suo compito sarebbe vigilare sulla raffineria locale, tanto che si presenta come dipendente del governo del premier Fayez Sarraj a Tripoli. In realtà, figura come uno dei maggiori spacciator­i di quello stesso greggio su cui dovrebbe fare la guardia e soprattutt­o spicca per il suo ruolo nel traffico di migranti verso l’italia. Ha un rapporto difficile con Abdulrahma­n al Milad, a sua volta responsabi­le dei «guardiacos­te» di Zawiya, i quali cercano di imporre con la forza il loro monopolio sul mare.

La promessa

Il presidente Macri si è impegnato a mantenere le spese per l’assistenza sociale

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Le proteste Manifestaz­ioni a Buenos Aires a maggio e nei primi giorni di giugno contro l’accordo con l’fmi che secondo l’opposizion­e rischia di soffocare il Paese
 ??  ?? Intesa Il ministro del Tesoro argentino Dujovne con la direttrice del Fmi Lagarde
Intesa Il ministro del Tesoro argentino Dujovne con la direttrice del Fmi Lagarde
 ??  ?? Trafficant­e Ahmad Dabbashi, soprannomi­nato «Ammu», lo zio, leader di un gruppo di miliziani di Sabratha con cui l’italia trattò la scorsa estate
Trafficant­e Ahmad Dabbashi, soprannomi­nato «Ammu», lo zio, leader di un gruppo di miliziani di Sabratha con cui l’italia trattò la scorsa estate

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