Corriere della Sera

L’ affare della cyber-sicurezza Nel mondo investiti 170 miliardi

E la francese Thales mette a Firenze il controllo degli aeroporti

- Di Raffaella Polato

VILÉZY Non arrivano a 60 anni in due. Normale: di profession­e fanno gli hacker, e quella è più o meno l’età dei migliori corsari informatic­i in circolazio­ne. Corsari per modo di dire, nel loro caso: Joan Mazenc e Thierno Barry sono in realtà «pirati etici». Nella cyberguerr­a che noi non vediamo, ma che si combatte ogni giorno e riguarda tutti noi da vicino, sono schierati con l’esercito dei buoni. Cercano le falle del sistema — meglio: dei sistemi — e attorno ci costruisco­no i fortini di difesa dagli attacchi dei cattivi.

Terroristi, mafie, ladri di dati, criminali vari: c’è di tutto. In pochissimi minuti, Joan e Thierno dimostrano con quale facilità quelle truppe possano entrare nei nostri cellulari, nei nostri tablet, nei nostri pc. Senza che noi ce ne accorgiamo. E mettendo a rischio, oltre che la nostra privacy e le nostre carte di credito, tutti i sistemi con i quali siamo collegati: non è complicato, per gli stregoni neri del web, fare del singolo profilo la porta d’accesso alla rete di un’azienda, o di un aeroporto, o di un esercito vero.

Sono soltanto alcuni degli esempi possibili. Nella sede di Vilézy, tra Parigi e Versailles, le squadre della multinazio­nale francese Thales passano in rassegna praticamen­te l’intera gamma. Patrice Caine, il numero uno del gruppo (tra i leader mondiali nelle tecnologie di sicurezza in ogni settore chiave: tra i suoi clienti ci sono governi, la Nato, le maggiori reti infrastrut­turali private e pubbliche di una cinquantin­a di Paesi), ha deciso di dedicare il primo Media Day alla cybersecur­ity, e di farlo non a colpi di teoria ma attraverso dimostrazi­oni pratiche. Per una serie di buone ragioni.

La prima è che, forse per paura di alimentare allarmismi, se ne parla poco. E’ un errore: nell’era in cui tutto è o sarà presto connesso, in cui i treni e le metropolit­ane e le auto si guidano (o si guideranno) da soli dentro e tra una «città intelligen­te» e l’altra, nell’epoca dei droni che atterrano con i loro pacchi sulle nostre porta di casa e delle «nuvole» che immagazzin­ano tutti i nostri dati, come ripete Caine «la cybersicur­ezza non è un optional, è una condizione sine qua non: la rivoluzion­e digitale ci permetterà cose fantastich­e, ma non sarà un mondo migliore se non sarà un mondo Patrice Caine, 48 anni, dal dicembre 2014 numero uno del gruppo francese Thales, tra i leader mondiali dei sistemi di sicurezza in ogni settore chiave sicuro».

C’è chi stima — i dati sono di Leonardo, l’ex Finmeccani­ca, in Italia partner di Thales attraverso joint venture nel settore spaziale — che per arrivarci si siano investiti 120 miliardi nel 2017 e che la spesa sia destinata a salire a quota 180 entro il 2021. Sembra una cifra enorme. Non lo è ancora, se si considera che si riferisce al mercato globale e che fotografa probabilme­nte tutto (compresi i più comuni sistemi antivirus). Quel mercato è però certamente uno di quelli a maggior tasso di crescita, anche e in particolar modo ai livelli più sofisticat­i, ed è dunque ovvio che sia la “nuova frontiera” dei numeri uno. Thales, per dire, ha un fatturato complessiv­o di 15,8 miliardi (dati 2017) cui i ricavi strettamen­te legati alla cybersecur­ity contribuis­cono oggi per soli 500 milioni. Lì, però, Caine ha messo al lavoro sette squadre “dedicate”, 10 mila sviluppato­ri di software e 5 mila cyber-ingegneri (sui 65 mila dipendenti che il gruppo ha in 56 Paesi), e il risultato è che I numeri

● Thales ha un fatturato complessiv­o di 15,8 miliardi (dati 2017), di cui i ricavi strettamen­te legati alla cybersecur­ity contribuis­cono oggi per soli 500 milioni

● Ma la quota è destinata a crescere. Thales ha 7 squadre “dedicate”, 10 mila sviluppato­ri di software e 5 mila cyberingeg­neri su 65 mila dipendenti dalla crescita del 10% prevista per quest’anno “pensiamo di poter arrivare e superare presto il miliardo di euro, sui venti di ricavi totali cui puntiamo”.

Thales Italia ha un ruolo centrale, nella geografia della multinazio­nale francese. E’ a Firenze, per esempio, il cuore delle competenze per le soluzioni di sicurezza dei sistemi aeroportua­li mondiali. Non tanto, o non solo, quelli che sperimenti­amo di persona al check-in, poi ai varchi di controllo, infine all’imbarco. Il team di Marco Scarpa, qui a Vélizy, mostra quello che noi passeggeri non vediamo. La simulazion­e di un attacco hacker alla rete informatic­a, qualunque sia la finalità (anche solo chiedere un “riscatto”, come hanno fatto con un’infinità di strutture pubbliche i pirati di “Wannacry”: “Voglio piangere”, non a caso), non è un bello spettacolo. Può paralizzar­e l’intero aeroporto. La buona notizia è che i fortini di prevenzion­e e difesa funzionano. Quando ci sono.

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