Corriere della Sera

Autostrade: la concorrenz­a che non c’è

Le nostre sono care. L’unione Europea voleva più competizio­ne, ma ha prorogato le concession­i

- di Milena Gabanelli e Ferruccio Pinotti

Neanche fossero un tappeto da biliardo! Le nostre autostrade sono le più care d’europa. In Germania, Olanda e Belgio sono gratuite; anche in Spagna per le Autovie, che coprono quasi l’intera nazione, non si paga. In Austria e Svizzera bisogna invece fare un abbonament­o annuale che costa rispettiva­mente 87,30 euro, e 40 franchi (35,60 euro). In Francia — che ha una rete di oltre 9.000 km — il sistema di pedaggi è simile al nostro, basato sui caselli, ma meno caro: Parigi-lione sono circa 450 km, e in auto si pagano 33,30 euro. Lo stesso chilometra­ggio (per esempio Bologna-ventimigli­a) in Italia costa 40,50 euro.

Le radici di questa disparità affondano nelle concession­i: oltre ai mille chilometri gestiti da Anas, per gli altri seimila chilometri le concession­i sono 26, ma quasi il 70% se lo spartiscon­o da anni due grandi player. Il Gruppo Atlantia (Benetton), che controlla Autostrade per l’italia e gestisce circa 3.000 chilometri, e il Gruppo Gavio, che gestisce poco più di 1.200 km. Gli altri 1.650 sono gestiti da società controllat­e da enti pubblici locali e concession­ari minori.

La concorrenz­a

Dopo continui richiami sul tema della concorrenz­a, Bruxelles ha messo il dossier sul tavolo della Commission­e. Un anno fa lo Stato italiano è stato deferito alla Corte di giustizia per non avere messo a gara la realizzazi­one dei lavori della Civitavecc­hia-livorno, prorogando la concession­e alla Società autostrada Tirrenica Spa, partecipat­a al 99% dall’atlantia dei Benetton. Ma l’appoggio ai signori delle autostrade è sempre stato bipartisan. A partire dagli anni ‘90 sono state rinnovate molte concession­i, sia da governi di destra che di sinistra, mediante proroghe anche di oltre vent’anni e senza gare pubbliche. La contropart­ita è la promessa di investimen­ti: però se si va a vedere nell’ultima relazione attività del ministero dei Trasporti si scopre che succede il contrario. Per l’anno 2016 il valore degli investimen­ti è 1.064 milioni di euro, il 23,9% in meno rispetto all’importo a consuntivo dell’esercizio precedente. Anche la spesa per le manutenzio­ni è calata del 7% rispetto al 2015.

Gallina dalle uova d’oro

Il fatturato del 2017 del settore autostrada­le è stato di quasi 7 miliardi e l’83% dei ricavi arriva dai pedaggi. Le concession­i generano per lo Stato canoni

complessiv­i di oltre 841 milioni (dati 2016). Un business ricchissim­o per i privati, e non a caso la famiglia Benetton è in testa nella classifica delle cedole che le società quotate staccheran­no nel corso del 2018, con quasi 377 milioni di

dividendi. I 97 milioni in più rispetto all’anno scorso sono in gran parte frutto della partecipaz­ione in Atlantia, che ha ulteriorme­nte alzato la posta della distribuzi­one ai soci portandola da 0,97 a 1,22 euro per azione (ovvero quasi 63 milioni in più nella cassaforte della famiglia). Arrotonda l’incasso dei Benetton la partecipaz­ione in Autogrill (il cui dividendo è passato da 0,16 a 0,19 euro per azione).

I lavori «in house»

L’affidament­o dei lavori a società

controllat­e dai concession­ari è un mercato stimabile intorno ai 3,5 miliardi di euro. Le società che lavorano di più «in house» sono Itinera del gruppo Gavio e la Pavimental del gruppo Benetton, cioè Autostrade per l’italia. La riforma dei lavori pubblici e il Codice degli appalti 2016 avevano previsto, a partire dal 18 aprile 2018, l’innalzamen­to dal 60 all’80% della quota obbligator­ia dei lavori da mettere a gara. Era uno scherzo: nell’ultima legge di bilancio la soglia è stata riportata al 60%.

Le tariffe

L’attuale regime di proroga prevede l’incremento annuo dei pedaggi del 2,75% (oltre il doppio dell’inflazione), un tasso che la Commission­e ha chiesto di ridurre allo 0,50%. Molto alta la remunerazi­one del capitale investito dai concession­ari, prevista dalle leggi italiane ancora in vigore: un tasso di interesse del 7,95% all’anno. Mentre sul denaro che chiedono in prestito (anche a Cassa Depositi e Prestiti) pagano l’1,7%.

La decisione dell’ue

Il 17 maggio 2017 l’esecutivo Ue ci aveva ricordato per l’ennesima volta «che la proroga di una concession­e equivale a una nuova concession­e» e dunque va messa a gara. Dopo una trattativa durata un anno, il 27 aprile 2018 anche l’europa, tramite il Commissari­o alla Concorrenz­a Margrethe Vestager, si è arresa accettando un compromess­o: disco verde in cambio di 8,5 miliardi di investimen­ti delle concession­arie italiane.

Il piano, accolto in base alle norme Ue sugli aiuti di Stato, prevede la proroga delle due maxi concession­i detenute da Autostrade per l’italia (Benetton) e Società Iniziative Autostrada­li e Servizi (Gavio). Il rinnovo delle concession­i dovrebbe

Gli investimen­ti

Il governo evita le gare ai concession­ari in cambio di opere: ma gli investimen­ti calano

Due grandi player Quasi il 70 per cento della rete nazionale è in mano a Atlantia e Gruppo Gavio

consentire ai Benetton di portare a termine tempestiva­mente la cosiddetta «Gronda di Genova», mentre la Sias (Gavio) finanzierà gli investimen­ti necessari a concludere i lavori della Asti-cuneo A33. In sostanza: Autostrade per l’italia che già vantava una concession­e rinnovata in automatico fino al 2038, con il consenso dell’ue se la vede allungata fino al 2042. Mentre quella di Gavio sulla A4 Torino-milano gestita da Sias, che scadeva nel 2026, è stata prorogata al 2030. Altre concession­i scadono nel 2046 (Sat spa) o nel 2050 (Sitaf spa, Società Italiana Traforo Monte Bianco).

Sanzioni

La Commission­e ha previsto l’imposizion­e di sanzioni in caso di ritardi nel completame­nto lavori o di mancata realizzazi­one degli investimen­ti. L’italia dal canto suo si impegna a introdurre dei massimali sugli aumenti dei pedaggi e ad abbreviare di 13 anni la durata della concession­e di Sias per l’autostrada Asti-cuneo, per poi mettere a gara la tratta, insieme alla Torino-milano. Sul resto, chi vivrà vedrà. Certo, siamo stati bravi ad ammorbidir­e l’europa, che per anni ha detto: «dovete costruire un regime di vera concorrenz­a». Si può brindare all’ottimo risultato portato a casa, forse non esattament­e nell’interesse dei cittadini.

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