Corriere della Sera

Brutto momento di Trudeau Subisce la sfida dei dazi e non doma l’«elefante» Usa

Il capo del governo di Ottawa si gioca la riconferma

- dal nostro inviato Giuseppe Sarcina

Ora Justin Trudeau ha la prova che almeno su un punto suo padre Pierre, anche lui primo ministro del Canada, avesse perfettame­nte ragione: «Confinare con gli Stati Uniti è come dormire nello stesso letto con un elefante». Vero, specie se «l’elefante» in questione si chiama Donald Trump.

Ieri Trudeau non ha voluto replicare agli insulti arrivati via tweet dal presidente americano e dai suoi consiglier­i. Peter Navarro, il direttore del commercio alla Casa Bianca, gli ha addirittur­a prenotato «un posto all’inferno».

Justin, come tutti, non aveva certo immaginato un finale del genere per il «suo» G7. Il leader canadese, 46 anni, al comando del Paese dal 2015, sta affrontand­o un passaggio difficile. Il suo partito, liberalepr­ogressista, ha appena perso le cruciali elezioni nello Stato dell’ontario. I conservato­ri adesso sperano di battere anche il premier nelle consultazi­oni generali in programma il prossimo anno.

Il rapporto con gli Stati Uniti e l’applicazio­ne della «carbon tax» dominano la discussion­e interna. L’economia del Canada è strettamen­te intrecciat­a con quella americana. In cifre: il Canada produce ricchezza per 1.600 miliardi circa di dollari all’anno; ne esporta 332 negli Stati Uniti (dati 2017). In pratica: i cittadini canadesi consumano o utilizzano prodotti «made in Usa» più di quanto facciano i cinesi, i giapponesi e i britannici messi insieme.

Per Trump il problema canadese non è tanto il deficit commercial­e, anche perché se si guarda alla bilancia dei pagamenti, beni più servizi, si vede che sono gli americani a vantare un surplus di 8,7 miliardi di dollari (ancora dati 2017). La questione, invece, sono «le tariffe del 270% sui prodotti agricoli» e, naturalmen­te, l’impianto generale del Nafta, l’accordo di libero scambio che coinvolge anche il Messico, entrato in vigore nel 1994. Fino a pochi mesi fa sembrava che il neo protezioni­smo trumpiano dovesse solo sfiorare il Canada. Gli obiettivi principali erano (e sono ancora) Cina e Germania. In realtà i dazi sull’import di acciaio e alluminio dimostrano come la Casa Bianca non faccia distinzion­i tra alleati e avversari. È solo una questione di quantità.

Trudeau si era illuso di poter costruire una relazione personale con Donald. Era stato tra i primi ad andare a trovarlo nella Trump Tower, a New York, subito dopo le elezioni del 2016. Il neo presidente lo aveva gratificat­o con un tweet di paterno apprezzame­nto: «Justin è un bravo ragazzo». E poi lo aveva riempito di compliment­i, ricevendol­o alla Casa Bianca. A un certo punto Trudeau pensò che il modo migliore per stringere con Trump padre fosse di agganciare la figlia prediletta. Così il 15 marzo 2017 invitò Ivanka a Broadway per vedere il musical sui rifugiati, Come from away, prodotto a Toronto. Non è stato il solo ad avere avuto questa idea. Anche Angela Merkel inizialmen­te aveva puntato su Ivanka. Non è servito né alla cancellier­a tedesca né al premier canadese.

E nel momento decisivo, in mondovisio­ne, «The Donald» ha riservato all’ex «bravo ragazzo» quello che considera il peggiore degli insulti: «Debole».

 ??  ?? In gioco Justin Trudeau, 46 anni, 1,88 d’altezza, dal 2015 premier canadese. Figlio d’arte (il padre Pierre ha governato dal 1980 al 1984)
In gioco Justin Trudeau, 46 anni, 1,88 d’altezza, dal 2015 premier canadese. Figlio d’arte (il padre Pierre ha governato dal 1980 al 1984)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy