Corriere della Sera

Cooperazio­ne internazio­nale, i motivi per un sì

- Giampaolo Silvestri Segretario generale Avsi

L’altro non è un nemico da far fuori, ma qualcuno con cui collaborar­e non perché sei buono, ma perché ti conviene. È questo il tema che si è affrontato a Bruxelles nei giorni scorsi, agli European Developmen­t Days (EDD): sconfigger­e la fame, difendere l’ambiente, garantire a tutti un’educazione di qualità e un lavoro decente sono traguardi di tale portata che spingono a unire le risorse. Non c’è più un Sud povero contro un Nord ricco, i poveri sono ovunque e si spostano. Ma pur necessaria, l’agenda globale non è sufficient­e. Se non arriva a considerar­e fino all’ultima persona lasciata indietro, a operare fino all’ultimo miglio, tutta la sua architettu­ra crolla. Anche questo lo si è intuito a Bruxelles. Da uno slum di Kampala sono state invitate Teddy e Sharon, 44 e 20 anni: la loro vita è cambiata, hanno raccontato, quando — malate di Aids, picchiate dai mariti, scappate dalla guerra — hanno incontrato chi ha assicurato loro cibo, rifugio, cure ed educazione. Ma prima di tutto chi le ha guardate non come costi sociali, ma come persone grazie a un programma multisetto­riale sostenuto da Avsi, Meeting Point Internatio­nal (Ong locale) e da donatori diversi tra cui anche la cooperazio­ne italiana. Teddy e Sharon documentan­o l’idea di aiuto allo sviluppo come partnershi­p: «Non ci interessan­o soldi a pioggia — hanno spiegato ai funzionari della Commission­e Ue — ma piani che ci aiutino a generare a nostra volta occasioni per altre donne e persone vulnerabil­i come noi». Il nostro Paese, che si è impegnato in un aumento progressiv­o delle risorse per la cooperazio­ne internazio­nale (da non confonders­i con i fondi per l’accoglienz­a, restano due voci distinte) non può fermarsi proprio ora. Sapendo che Teddy e Sharon hanno detto un’altra cosa importante: vogliono vivere a Kampala, non intendono attraversa­re il Mediterran­eo e trasferirs­i qui, perché là hanno più di una chance. L’aiuto allo sviluppo non è un gioco a somma zero e l’italia in questo si è ricavata un ruolo di punta. Perché abdicare?

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