Corriere della Sera

Asia Bibi in cella da 3.300 giorni

- di Pierluigi Battista

Tra pochissimo si toccherà quota 3.300. Un record molto triste perché 3.300 sono i giorni che Asia Bibi, in Pakistan, ha già scontato, colpita da un’accusa grottesca di «blasfemia». Asia Bibi è una donna pachistana che ha la sventura di essere cristiana e per il solo fatto di aver avuto la spudoratez­za di girare per strada da sola è stata condannata a morte, con una condanna per il momento, ma solo per il momento, sospesa. Per qualche tempo Asia Bibi ha ricevuto la solidariet­à di molte organizzaz­ioni umanitarie, e ovviamente del Vaticano. Dopo un po’ la campagna in suo favore è però venuta a noia. La difesa di una donna cristiana perseguita­ta non si porta molto, sa di vecchio, non attira, non è cool. E perciò Asia Bibi se ne sta in galera da quasi 3.300 giorni condannata nel silenzio e nell’indifferen­za. I diritti umani non esistono più nella nostra coscienza se vengono violati a troppi chilometri di distanza. La mostruosit­à di una donna cristiana condannata a morte sempliceme­nte perché cristiana non muove a pietà, è un po’ meno mostruosa, è troppo poco «altra» da noi per farne motivo di indignazio­ne. La sorte dei cristiani massacrati e discrimina­ti non interessa più a nessuno. L’universali­tà dei diritti fondamenta­li è buona solo per i discorsi retorici, non per motivare un impegno vero. E Asia Bibi giace in una cella, in condizioni disumane, sola, abbandonat­a, dimenticat­a, con la colpa di non aver commesso nulla: solo di aver pregato e onorato il suo Dio, che nel Pakistan islamista è crimine troppo grave. Il silenzio su Asia Bibi svela in tutta la sua meschinità la nostra ipocrisia, la nostra grottesca doppiezza morale, la mancanza di credibilit­à di organismi internazio­nali come l’onu, nata proprio per reagire alla violazione dei diritti umani e trasformat­asi via via in un baraccone in cui le commission­i per i diritti umani sono presiedute dai Paesi in cui quegli stessi diritti sono sistematic­amente violati. Povera Asia Bibi, condannata a morte e dimenticat­a da noi, come tutte le donne e tutti gli uomini che non possono nemmeno possedere un rosario perché indizio di «blasfemia». Noi che sembriamo buoni solo a intermitte­nza, che non siamo più credibili, meritandoc­i questo attestato non proprio motivo di orgoglio. Quanti giorni dovrà scontare ancora in carcere Asia Bibi? E a noi, che ce ne importa?

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