Offerta variegata e pluralità di voci per una buona fiera
Venerdì 8 giugno Romano Montroni, presidente del Centro per il libro e la lettura, ha avanzato sulle pagine del «Corriere della Sera» una proposta sul futuro della fiera milanese Tempo di Libri. Pubblichiamo qui la risposta di Anna Maria Malato, presidente di «Più libri più liberi», Diego Guida, presidente Piccoli editori Aie, Carlo Gallucci, delegato Aie per la Regione Lazio.
Abbiamo letto con molto interesse l’intervento pubblicato sul «Corriere della Sera» di venerdì 8 giugno dal titolo Per un nuovo dna di Tempo di Libri, firmato da Romano Montroni, e vorremmo contribuire al dibattito con qualche considerazione dal punto di vista dei «piccoli editori».
Una grande Fiera del Libro, a nostro parere, rappresenta una formidabile opportunità per migliorare le attività di promozione della lettura, tuttavia le diverse formule già adottate in tutta Italia dimostrano che ogni città ospite e ogni programma culturale deve venir supportato non solo dal lavoro di operatori professionali, dagli editori, dagli autori, dai librai, dai bibliotecari, dalle scuole dalle università, ma anche soprattutto dai lettori che devono trovare il giusto stimolo a visitare le fiere.
Di qui la nostra considerazione: una fiera è una realtà ben diversa rispetto a una grande libreria di successo e il suo risultato (anche commerciale) segue logiche differenti. Puntare ad esempio sulle collane dei tascabili «vera forza di un editore» vuol dire già di per sé guardare prevalentemente al mondo dei grandi editori, come infatti testimoniano gli esempi che seguono (Mondadori, Feltrinelli, Garzanti, Adelphi, Rizzoli). Certamente questi sono l’asse portante dell’editoria italiana, rappresentando (insieme a Giunti) circa il 70 per cento del mercato. Tuttavia la loro visibilità e capacità di penetrazione è evidente al pubblico dei lettori in ogni libreria, soprattutto quelle di catena. E se l’intero catalogo dei tascabili non si trovava già esposto negli stand dei grandi editori nelle fiere precedenti, sia a Milano che a Torino, ciò è stato per una scelta degli editori stessi, non certo per assenza di spazio.
Ora, noi riteniamo che, alla base dell’interesse del pubblico, ci sia anche la pluralità dell’offerta che viene proposta. La scoperta continua di quanto variegato e ricco sia il nostro mondo, la possibilità di incontrare proprio gli editori, che possano raccontare direttamente ai lettori il loro progetto.
E poi, ovviamente, gli incontri con gli autori, il programma culturale e gli incontri professionali pensati per affrontare tutti i temi più complessi della filiera.
Questa convinzione ci viene anche dal grande successo consolidato in questi anni della fiera romana organizzata dall’aie «Più libri più liberi», e dal recente felice esordio di «Napoli città del libro».
Non vorremmo dunque che un nuovo corso della rassegna milanese ponesse ancora in una logica contrappositiva il mondo della grande editoria e quello della piccola, che già di recente ha subito dolorose lacerazioni. Tali divisioni, indipendentemente dalle motivazioni che le hanno provocate, certo non giovano all’efficacia del peso istituzionale di tutta la nostra categoria e siamo certi che Ricardo Franco Levi, nella sua attenta sensibilità, farà quanto possibile per sanare i contrasti.
Accogliamo invece con grande favore le proposte relative alla promozione e alle scuole, non dimenticando anche le università, che rappresentano un ottimo stimolo a migliorare e incrementare le attività già in essere nelle manifestazioni dedicate al libro e alla lettura.