Corriere della Sera

«Non vogliamo tragedie» La mossa dei socialisti che mette fine all’era Rajoy

- dal nostro inviato Marco Imarisio

VALENCIA Spagnoli brava gente. «Conta solo il gesto, non cercate altri significat­i» dice al telefono il sindaco Joan Ribò che interrompe la riunione serale con il neonato Comitato di emergenza che si occuperà dell’accoglienz­a dei profughi dell’aquarius per rispondere a qualche domanda. «Non vogliamo un’altra tragedia nel Mediterran­eo, non vogliamo avere sulla coscienza un altro Aylan». Il riferiment­o al bambino siriano di etnia curda annegato su una spiaggia greca è un pugno nello stomaco. La foto del suo corpicino divenne ed è ancora oggi il simbolo dell’epocale tragedia dei migranti. «Ci sono giornalist­i spagnoli a bordo di quella nave, sappiamo in diretta le condizioni dei migranti e le loro storie. Li accogliere­mo a braccia aperte».

Ma Ribò non è un novizio della politica. Ha cominciato negli anni Ottanta, diventando membro delle Corti valenciane, entrando e uscendo dal Parlamento regionale, sempre per la Sinistra Unita, fino al 2015, quando ha abbandonat­o l’insegnamen­to e la vocazione del Cincinnato, è un ingegnere agrario, per diventare sindaco sotto le insegne di Coaliciò Compromis, il partito valenciano che due anni fa ha mandato all’opposizion­e della terza città spagnola i popolari. Lo chiamano «la volpe», e sotto i modi affabili di primo cittadino che si sposta solo in bicicletta, nasconde una scorza dura. Sa che certe cose si possono fare solo quando gli astri sono allineati. «Appena tre settimane fa» ammette con una certa fatica «tutto questo non sarebbe stato possibile».

La prova è nel passato recente. Era il 2015, Ribò si era appena insediato in municipio. La Spagna era alle prese con il problema dei rifugiati che scampavano al setaccio dei feroci controlli del confine di Ceuta e Melilla. «Ci sentiamo sconvolti e impotenti» disse. E si offrì di accogliere cinquecent­o migranti, senza se e senza ma. Con la sua consueta empatia l’allora premier Mariano Rajoy respinse l’offerta con una frase secca. «L’accoglienz­a non si fa così, in modo anarchico e sporadico». Fine della storia. Ieri mattina Ribò ha visto che si era fatta avanti Ada Colau, la sua più celebre collega di Barcellona. Ha guardato la cartina geografica, chiara nel mostrare

Il sindaco

«Sono bastate tre telefonate: le cose migliori sono quelle fatte in fretta»

come la soluzione di Valencia avrebbe risparmiat­o quasi un giorno di navigazion­e. Rajoy non c’è più, travolto dallo scandalo dei finanziame­nti al suo partito che è nato proprio qui. Al potere, senza passare da nuove elezioni ma con quello che in Italia chiameremm­o un ribaltone, è andato il socialista Pedro Sánchez. Mai nella storia spagnola un governo ha avuto una partecipaz­ione così alta di valenciani, addirittur­a decisivi per la sua stabilità. Mai come oggi il nuovo esecutivo ha bisogno di un riconoscim­ento da parte dell’ue, abituata per un decennio all’impassibil­e volto di don Mariano.

«Per decidere sono bastate tre telefonate» dice ora il sindaco. Il via libera da Madrid è arrivato subito, con tanto di annuncio ufficiale congiunto, del governo, della municipali­dad e del presidente del Parlamento regionale, che ha la sua importanza. «In spagnolo abbiamo questo proverbio: le cose fatte bene e in fretta sono le migliori». Ancora non sappiamo se davvero l’aquarius attraccher­à nel nuovo porto di Valencia, che negli ultimi cinque anni ha raddoppiat­o la sua superficie. Il sindaco ha subito lanciato lo slogan di «Valencia comunità solidale», per definire una identità che finora è sempre mancata a una grande città che nell’ultimo decennio ha cambiato volto, diventando una attrazione turistica grazie ai suoi nuovi parchi e allo sfruttamen­to dei terreni rurali abbandonat­i, ma che ha sempre sofferto della visibilità estrema di Madrid e Barcellona. «Siamo persone empatiche, che hanno a cuore la sorte degli altri e non ci stanno a lasciare la sofferenza ai più deboli» conclude il sindaco.

Non è sempre stato così, forse non lo è ancora. Centosetta­nta chilometri più a sud c’è Alicante, che dopo la chiusura del confine con il Marocco è diventata la meta principale dei migranti che sbarcano in Spagna, con i quartieri dietro al porto diventati ormai una terra senza legge.

Pochi anni fa Valencia si fece conoscere al mondo per le ragioni sbagliate, per un regolament­o comunale che invitava gli «africani sporchi» a lavarsi e la cittadinan­za a persuaderl­i all’uso del sapone. L’arcivescov­o Antonio Canizares Llovera, figura amatissima in una città molto religiosa, è uno dei prelati meno allineati con la nuova dottrina di Francesco e paragona spesso il fenomeno migratorio a un cavallo di Troia delle società europee. «Non si può giocare con la storia e l’identità dei popoli» disse. Alla fine si può discutere delle ragioni, di quel che ci sta dietro. Ma ci sono i numeri. Nel 2018 l’italia ha accolto 14.330 migranti, l’80% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. La Spagna ne ha accolti invece 11.308, con un aumento del 54%. Le città e le nazioni possono cambiare se c’è la volontà di farlo. Quel che conta è il gesto.

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