Corriere della Sera

I 5 Stelle pagano l’astensione A casa un elettore su due e tanti scelgono gli avversari

Il confronto con il 4 marzo. La Lega mobilita l’80% dei suoi

- Di Renato Benedetto

MILANO Tre mesi dopo, la scelta più comune tra chi il 4 marzo aveva votato 5 Stelle è stata di non andare ai seggi domenica. E chi alle urne è andato, alle Comunali ha preferito spesso dare il suo voto altrove, al centrosini­stra o al centrodest­ra. L’elettore della Lega, invece, è tornato al seggio nella gran parte dei casi (circa 8 su 10). E, in maggioranz­a, ha scelto il candidato sindaco del centrodest­ra.

L’analisi dei flussi dell’istituto Cattaneo — che mostra come si muove l’elettorato tra una elezione e l’altra — aiuta a capire i destini assai diversi dei due alleati di governo alle elezioni di domenica: la battuta d’arresto dei 5 Stelle, che nei Comuni capoluogo passano dal 32,7% di marzo al 12,1 di domenica, perdendo oltre 20 punti; e l’ulteriore crescita della Lega — per le Amministra­tive non in giallo-verde, ma nel più «classico» centrodest­ra — con la coalizione (al 38% nei capoluoghi, dal 33,4 di tre mesi fa).

Vale sempre l’avvertenza alla cautela: è un confronto tra Politiche e Amministra­tive. Ma i dati che emergono dall’analisi del Cattaneo sono netti. Nelle quattro città esaminate — Ancona, Brescia, Pisa e Vicenza — più del 50% I risultati

● Alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo il Movimento 5 Stelle, guidato da Luigi Di Maio, ha ottenuto il 32,7 per cento dei voti, risultando il primo partito. La Lega di Matteo Salvini ha preso il 17,3 per cento dei voti di chi aveva scelto 5 Stelle alle Politiche a questo giro si è astenuto (tranne ad Ancona: 43,5%). E chi ha votato lo ha fatto, ad eccezione di Ancona, per altri candidati: a Brescia il 26,8% degli elettori grillini ha preferito il centrosini­stra, contro il 17,4 che ha messo la croce sul candidato pentastell­ato; a Pisa e Vicenza preferito invece il centrodest­ra (rispettiva­mente il 24,3 e 30,6%).

Le scelte dell’elettorato grillino in libera uscita «non sono univoche»: «Chi si aspettava che l’alleanza con la Lega portasse gli ex elettori del Pd passati al M5S a tornare nel centrosini­stra — precisa Rinaldo Vignati, curatore dell’analisi — a Pisa è stato sonorament­e smentito». E non solo a Pisa. «Il Movimento a livello nazionale ha in pancia 2,5 milioni di voti presi nel tempo al Pd — è il commento di Roberto Weber, presidente dell’istituto Ixè —. Elettori che ora possono fare fatica a votare M5S alleato della Lega ma non tornano al Pd. Ingrossano l’astensione, perché l’insofferen­za per il partito che hanno lasciato è alta». Ma più che l’alleanza con la Lega, per Weber, il Movimento paga la «totale assenza di un gruppo dirigente sul territorio». Sempliceme­nte: «Non si vedono».

«A differenza della Lega, che lavora sul territorio con esponenti riconoscib­ili», sottolinea Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research. Ma non solo: «I temi del Carroccio hanno molta presa sull’elettorato anche a livello locale: si pensi all’immigrazio­ne, questione percepita proprio nelle città; o alle tasse». Ma se chi il 4 marzo aveva scelto la Lega è tornato alle urne per una quota maggiore dell’80% (tranne ad Ancona, nell’analisi del Cattaneo), non così è stato per Forza Italia. Su Corriere.it Tutte le notizie di politica con gli aggiorname­nti in tempo reale, le fotogaller­y, i video, le analisi e i commenti Che ha pagato di più l’astensione. Anche perché, nella concorrenz­a interna al centrodest­ra, «forse FI risente, appunto, della narrativa forte di Salvini, vicina all’attualità», commenta Ghisleri.

E poi c’è il fattore Salvini: «È un capo partito moderno, sa quali sono le corde da toccare e le tocca — per Nicola Piepoli —. È vitale e lo comunica». La Lega, adesso, «sarebbe intorno al 25% a livello nazionale, dal 17,3 delle Politiche». L’analisi del Cattaneo sottolinea come dal 4 marzo a domenica ci sia stato un travaso di elettori dalla Lega al Pd, come a Vicenza (il 21,1%) e Pisa (18,8): l’ipotesi, sottolinea l’analisi di Vignati, è che si tratti di persone provenient­i del mondo del sindacato legato alla sinistra, attratti dalle modifiche alla legge Fornero o dai temi dell’immigrazio­ne a livello nazionale, poi tornati verso sinistra nel voto locale.

E il Pd, rispetto al 4 marzo, si mostra capace di mantenere il suo elettorato, che alle urne ci va e resta anche fedele alla coalizione di centrosini­stra (intorno al 90% a Brescia, Vicenza e Ancona; non a Pisa, dove la concorrenz­a a sinistra era forte).

Anche i dem «sono lievemente risaliti — sottolinea l’ad dell’istituto Piepoli —. Se ci fossero state le elezioni nazionali ieri il Pd sarebbe stato al 22%. Non ha più il peso di Renzi, perché localmente non c’è, e quindi è cresciuto». Ma i 5 Stelle, è la previsione, si riprendera­nno già alle Europee di maggio 2019: «L’europa, la contestazi­one... lì troveranno terreno adatto — conclude Piepoli —, quando non si parlerà di strade e bisogni personali, ma di grandi temi».

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