Corriere della Sera

«Io, candidato in una prigione turca I curdi non voteranno per Erdogan»

Demirtas, fondatore del partito Hdp: «Faccio comizi sui social. E sono ottimista»

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Il 24 giugno in Turchia si vota per il rinnovo del Parlamento e per l’elezione del capo dello Stato dopo il referendum costituzio­nale che, nel 2017, ha sancito il passaggio a un sistema presidenzi­ale. Recep Tayyip Erdogan, il leader del partito filoislami­co Akp, è dato in ampio vantaggio ma potrebbe non superare la soglia del 50%. In quel caso si andrebbe al ballottagg­io, previsto l’8 luglio.

L a sfida è di quelle impossibil­i ma lui non smette di crederci. Selahattin Demirtas, 45 anni, co-fondatore del partito filocurdo Hdp, conduce la sua campagna elettorale per le presidenzi­ali da una cella di 12 metri quadrati nel carcere di Edirne. L’ex avvocato per i diritti umani è accusato di terrorismo e rischia una condanna a 142 anni di reclusione. Il suo unico accesso al mondo esterno è rappresent­ato dai colloqui con la moglie e con il suo avvocato. In questa intervista, concessa in esclusiva al Corriere per iscritto, dimostra di non aver perso grinta e senso dell’umorismo: «Dopo il fallito colpo di Stato Erdogan ha trasformat­o la Turchia in una prigione a cielo aperto ma, a guardare tv e giornali, mi sembra che sia lui il prigionier­o numero uno. Il suo tempo sta per scadere».

Il presidente è presente a tutte le ore sui media. Lei può comunicare con l’esterno solo in modo rocamboles­co. Come riesce a fare campagna elettorale?

«Infatti non posso farla come

Dalla cella di isolamento Scrivo, leggo, rispondo ai messaggi. Lavoro giorno e notte: spero di arrivare al secondo turno Nel caso in cui lei non arri-

vasse al ballottagg­io pensa che il suo elettorato appoggereb­be un candidato della coalizione di opposizion­e? Anche se fosse una donna di destra come Meral Aksener?

«Io spero di arrivarci al se- condo turno ed è per questo che sto lavorando giorno e notte. Però voglio che sia chiaro: i sostenitor­i dell’hdp voteranno seguendo i principi della democrazia».

Mi può descrivere la sua giornata in prigione?

«Sono un detenuto in isolamento, divido la cella con il mio collega deputato Abdullah Zeydan. Abbiamo 12 metri quadrati a disposizio­ne. Di solito leggo e scrivo. Qualche volta posso vedere i giornali e la tv. Alla mia famiglia è concessa una visita di un’ora a settimana e una telefonata di 10 minuti una volta ogni 15 giorni».

Nel suo primo comizio via social network lei si è dichiarato prigionier­o politico e ha detto che tutti i cittadini sono vittime di ingiustizi­a. Ha perso la speranza?

«No. Anzi. Sono ottimista come non mai. Il governo, specialmen­te negli ultimi anni, ha compiuto una serie di atti violenti, ingiusti e fuori dalle regole. Sono i cittadini le vittime principali. Ed è proprio basandoci su questo che chiediamo un no all’akp di Erdogan. Se

Oppressi

Per la gente oppressa, nulla è facile ora. Ma io sono ben addestrato e continuerò a crederci

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Detenuto Selahattin Demirtas, 45 anni, cofondator­e del partito filocurdo Hdp, conduce la sua campagna elettorale per le presidenzi­ali da una cella di 12 metri quadrati nel carcere di Edirne

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