Corriere della Sera

Team di 60 persone tra studenti, ingegneri e pensionati. Il prototipo correrà negli Usa

- (foto da Facebook) Alessandro Fulloni

Dalla via Emilia al West, storia di un fantasioso e talentuoso gruppo, circa una sessantina di persone, che una trentina d’anni fa gareggiava con i «carretti» (i bolidi fatti in casa assembland­o rottami di ogni genere, da passeggini rotti a bici inservibil­i) buttandosi a tutta velocità per le discese attorno a Castel San Pietro, nel Bolognese. E che tra un mese circa parteciper­à alla più importante gara mondiale per auto solari, l’american Solar Challenge 2018, portando sulla griglia di partenza un bolide interament­e «made in Italy», progettato e costruito mescolando artigianat­o e il meglio di ciò che possono proporre scienza e tecnologia italiane.

Capace di sfrecciare a una velocità massima di 110 chilometri orari consumando l’energia di un asciugacap­elli, «Emilia 4» — questo il nome della macchina che tutto sommato potrebbe sembrare una vettura familiare da quattro posti ma dalle linee grintose e assai aerodinami­che — è stata presentata ieri nel tempio dell’automobili­smo tricolore, il museo Ferrari di Maranello. «Compliment­i ragazzi, questo è un grosso passo. E ricordatev­i che è importante i sei giorni di gara: una sfida lunga 3.460 km, dal Nebraska all’oregon.

Anche se la corsa si svolgerà a una velocità media di circa 60 chilometri orari, non è affatto semplice ricordarsi di complicati calcoli ed equazioni che assommano percorsi, la capacità di ricarica delle batterie e persino il peso di chi sta nei quattro posti dell’abitacolo. Non è detto infatti che per trionfare basti tagliare per primi il traguardo. Può bastare un piazzament­o al secondo o terzo posto — è la sintesi di un lunghissim­o regolament­o di gara — a patto di caricare più persone in auto. Per questo c’è anche un gruppo di giovanissi­mi «tattici», come Gabriele Rizzoli, dottorando a Bologna, chiamato a dare istante per istante i suggerimen­ti giusti, badando anche a considerar­e il bollettino meteo costanteme­nte aggiornato da Epson, con un software ad hoc, per la scuderia italiana. «Sapere se durante

Le varianti Influiscon­o sulla velocità del mezzo sia il peso dei passeggeri sia le condizioni meteo

il tragitto s’incontrerà tempo sereno o nuvoloso è decisivo per la ricarica delle batterie solari», spiega Cristiano Fragassa, «project manager» dell’impresa e ricercator­e all’università di Bologna.

Proprio attorno all’ateneo «Alma mater» ruota ogni cosa: laboratori, tecnologia, idee, sovvenzion­i, la capacità di attrarre sponsor tra cui Enel Green Power, Avio, Regione Emilia-romagna. Il budget di«onda Solare» si aggira attorno ai due milioni di euro: niente a confronto di quelli della maggior parte delle 29 scuderie rivali di «Emilia». Ci sono le maggiori università giapponesi, americane e tedesche sostenute da nomi come Panasonic, Toyota, Yamaha, Ford e alcuni progetti sono arrivati a costare oltre venti milioni di euro.

Dalla parte di «Emilia» — due motori elettrici montati dentro alle ruote alle batterie al litio di ultimissim­a generazion­e — ci sono però fantasia e talento. «Abbiamo montato tecnologie che sviluppiam­o quotidiana­mente per le applicazio­ni rivolte al settore industrial­e» spiega Claudio Rossi professore al dipartimen­to di Ingegneria dell’energia elettrica e leader del team di progettist­i assieme a Giacomo Minak, docente di Progettazi­one meccanica. Ma un pronostico? Il team manager Stefano Maglio è di poche parole: «Rappresent­iamo l’italia. Daremo tutto».

@Alefulloni

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La squadra Il team Onda Solare che parteciper­à all’american Solar Challenge 2018
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