Corriere della Sera

Le anime creative della grande Palermo

- di Dacia Maraini

Palermo è una città che si apre come un fiore nel pieno del suo fulgore quando il sole dell’interesse nazionale punta la sua attenzione su di lei. Concerti, spettacoli, mostre, incontri, fiere del libro e del vino rallegrano la città che quest’anno festeggia il suo stato di capitale della cultura. L’idea è di puntare sulla molteplici­tà delle anime creative e metterle in rapporti fra di loro. Non a caso una delle chiavi del programma sta nel titolo di un incontro chiamato: «Palermo ebraica o barocca, alla scoperta di una città multicultu­rale». A cui si accompagna­no varie rivisitazi­oni storiche, come l’itinerario dei luoghi della Santa Inquisizio­ne, la scoperta del patrimonio arabo normanno, il tour delle catacombe di porta Ossuna, le visite ai più suntuosi palazzi fra il Sei e il Settecento. Insomma la antica Panormos e la nuova Palermo si confrontan­o e si raccontano nei luoghi più disparati, dalla splendida villa della prefettura dove la prefetta Antonella De Miro apre alle comunità africane per un dialogo sul razzismo, alla bella iniziativa di “Marina di libri” che accoglie scrittori di tutto il mondo che si raccolgono sotto i grandi ficus dell’orto botanico per parlare di quadri, storia, musica, filosofia. Dal nuovo centro della fotografia diretto da Letizia Battaglia alle iniziative del questore Renato Cortese che apre il bellissimo cortile della questura a un dialogo con le associazio­ni femminili sul problema del femminicid­io. In lontananza si può scoprire ciondolant­e sulle onde azzurre, il bellissimo battello Amerigo Vespucci venuto dalla Spezia a farsi ammirare. Curioso che tanta gente, poco propensa a frequentar­e teatri e librerie, affolli questi bellissimi spazi palermitan­i con l’entusiasmo delle grandi occasioni. Mi chiedo se sia un segno di saggezza o di mero consumismo. Come interpreta­re questo bisogno di incontrars­i, fare folla, discutere, mangiare e bere insieme, ascoltando gli ottoni scintillan­ti di una fanfara? Una voglia di ritrovare le antiche piazze dove i corpi non erano ancora stati sostituiti dalla solitaria pratica di uno schermo? Dobbiamo pensare che le fiere stiano rimpiazzan­do i negozi, e che l’atmosfera di festa in cui si incontrano tanti concittadi­ni, magari mangiando un gelato al gelsomino o bevendo birre biologiche, stiano sostituend­o i luoghi tradiziona­li dell’acquisto? La risposta è contraditt­oria. Ma voglio essere ottimista e ripetere, col sindaco Orlando, che dove c’è cultura non c’è mafia.

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