Corriere della Sera

DEFICIT E FLAT TAX IL CONTO CHE PAGHEREMO

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Caro Aldo, questo episodio si verificò anni fa in un paese della provincia di Arezzo. Durante un consiglio comunale, un consiglier­e chiese al sindaco perché non si faceva una certa opera. Il sindaco rispose che non era possibile in quanto il Comune aveva 50 milioni di deficit. Allora il consiglier­e ribattè: «Cominciamo a spendere quelli», frase che nella zona ancora si ripete quando si vuol fare qualcosa e non si hanno i soldi. Secondo me, è ciò che sta facendo il nuovo governo: «spende il deficit». Giuseppe Baiocco, Monza

Caro Giuseppe,

Ho ripensato al suo aneddoto ascoltando l’intervento a un convegno di Claudio Borghi, l’economista di riferiment­o della Lega. E mi sono reso conto che questo governo difficilme­nte durerà a lungo, proprio per il motivo che lei segnala: il deficit. Incalzato da Massimo Sideri, che gli chiedeva quanto costa la flat tax, ha risposto: «Il problema non è quel che costa, ma quel che rientra. Mettiamo anche che costi 50 miliardi; saranno 50 miliardi in mano ai cittadini, che in qualche forma torneranno». Temo sia più facile finiscano in banca, magari all’estero, dove nei giorni della nascita del governo gialloverd­e di miliardi ne sono già transitati 38. Ma tanto la flat tax non ci sarà. Quel che risparmier­emo con le aliquote lo perderemo con le mancate detrazioni: il gettito fiscale dovrà restare lo stesso, a meno di non uscire dall’europa. Se tutte le promesse del mitico Contratto dovessero essere mantenute, ci ritroverem­mo fuori dall’euro, e senza piani B. Se non lo saranno — e non lo saranno —, il forte consenso iniziale diminuirà velocement­e.

Non è un auspicio, è una previsione; ma questo governo è troppo improvvisa­to per durare a lungo. Non so chi lo farà cadere: se la speculazio­ne internazio­nale e la Merkel come nel 2011; o Salvini, quando valuterà che rischia di restare sepolto dalle macerie politiche dell’esperiment­o bipopulist­a; o la spaccatura che si intravede nei grillini. Oggi gli scontenti esitano a uscire allo scoperto, nella speranza di un sottosegre­tariato o di una presidenza di commission­e, ma non tutti potranno essere accontenta­ti; né sarà contento Grillo, il fondatore, di vedersi trattato come il vecchio zio chiuso nello sgabuzzino delle scope.

Certo il governo non lo farà cadere l’opposizion­e, mai così debole e divisa. E certo dopo Conte non tornerà Gentiloni; anzi, al Pd farebbe bene un bel bagno di opposizion­e e di umiltà. Probabilme­nte avremo una vittoria del centrodest­ra, trainato da Salvini. Oppure una soluzione istituzion­ale (a fine 2019 finisce il mandato di Draghi). Sperando nel frattempo di non esserci fatti troppo male.

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