Corriere della Sera

L’attacco ai Btp e quel tetto dello 0,5%

I ribassisti obbligati a dichiarare le posizioni solo da 51 miliardi in su

- di Fabrizio Massaro

Non è facile sapere chi ha speculato sul debito pubblico italiano e sulle banche. Nonostante si muovano cifre colossali, stimate in 40-50 miliardi di euro di «vendite allo scoperto» tra azioni e Btp, i nomi degli hedge fund che «vanno corti» — ovvero che prendono a prestito titoli di Stato o azioni per venderle scommetten­do sul ribasso del prezzo nei giorni a venire — restano quasi sempre sconosciut­i, in particolar­e quelli che operano sui Btp. Come mai?

Una spiegazion­e l’ha data ieri il presidente della Consob, Mario Nava: ogni posizione «ribassista» va dichiarata quando supera la quota dello 0,5% del titolo oggetto di investimen­to. Ma su un debito di 2.300 miliardi di euro come quello dello Stato italiano, quella soglia — ponderata per le diverse scadenze dei Btp — equivale a circa 51 miliardi, una cifra enorme anche per il più grande hedge fund. Così, all’interno di quella soglia rivelatasi molto lasca, chi vuole muovere al ribasso sui Btp può

farlo nell’ombra.

Ieri, con il rimbalzo della Borsa e lo spread in netto calo a 233 punti dopo le parole rassicuran­ti del ministro dell’economia Giovanni Tria al Corriere sull’euro, molte posizioni ribassiste sono state smontate. Ma il problema rimane. «Questa soglia è alta, è una cosa che abbiamo segnalato all’esma», l’autorità europea sui mercati, ha detto Nava, che all’inizio della relazione annuale ha ricordato Tommaso Padoa-schioppa (già presidente Consob, cui si ispira) e il suo richiamo all’«accountabi­lity»,

al «rendere conto del proprio operato, oltre che al Governo e al Parlamento, anche ai soggetti sui quali esercita la vigilanza». La revisione di quello 0,5%, ha continuato, dallo scorso dicembre è oggetto di «discussion­e con Banca d’italia e Mef, poi bisogna portarla all’esma e in sede di Commission­e europea. Bisogna fare un cambio legislativ­o o almeno regolament­are ma credo che ci sia una certa apertura a discutere». Insomma, ci vorranno mesi.

Nel frattempo ci si affida alle indiscrezi­oni. Clamorosa è la storia dell’hedge fund inglese AH del finanziere Alan Howard, che nel solo mese di maggio ha realizzato un rendimento del 37% vendendo allo scoperto Btp. «Abbiamo visto la notizia di stampa e stiamo guardando come procedere, non posso dire di più», si è limitato ad affermare Nava circa l’apertura di un’indagine. «Ogni sera abbiamo una riunione su come sono andati i mercati e abbiamo tutta la nozione delle posizioni ribassiste». Un altro grande ribassista è stato il fondo Discovery Capital Management del finanziere Robert Citrone.

Dalla relazione annuale Consob emerge che i principali titolari di «posizioni nette corte» sulle azioni italiane arrivano dall’estero. È un mondo ristrettis­simo: i primi quattro operatori detenevano a fine 2017 il 51% di tutto lo «short selling». Il più attivo, da solo, ne aveva il 17%. Il 51% sono fondi Usa, il 29% è in Gran Bretagna e il 12% nei territori d’oltremare del Regno Unito.

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