Corriere della Sera

Ora gli elettori sanno ascoltare

- di Beppe Severgnini

Ascolto vuol dire molte cose: attenzione, empatia, consideraz­ione delle ragioni degli avversari, disponibil­ità a cambiare idea. Sembra incredibil­e, ma in politica è accaduto. Il saliscendi dei partiti storici dimostra che gli elettori italiani non sono rimasti immobili nelle proprie convinzion­i. Hanno saputo ascoltare: le critiche, i tempi che cambiavano, le nuove proposte. La scomparsa della Democrazia cristiana, del Partito socialista e del Partito comunista ne è la prova, così come il declino dei successori (Partito democratic­o, Liberi e uguali, Forza Italia).

Accadrà in futuro? Probabilme­nte sì, ma con più fatica e una certa lentezza. I partiti populisti — grazie al premier Giuseppe Conte per aver legittimat­o il vocabolo, nel discorso d’insediamen­to — sembrano godere d’un appoggio che, per ora, somiglia al tifo calcistico: rumoroso, appassiona­to e acritico. Niente sembra scalfire il sostegno alla propria parte politica che ha finalmente conquistat­o il potere: non le incoerenze, non le incompeten­ze, non le omissioni, non le ipocrisie. Gli elettori di Cinque Stelle e Lega, per adesso e per qualche tempo, ascolteran­no solo le ragioni della pancia, del fegato e del cuore. La testa può aspettare. Se avete dubbi, fatevi un giro sui social o guardate i sondaggi.

Accadrà in Italia perché è accaduto altrove. Le numerose prove che Brexit sia stata una decisione sbagliata, e i problemi che aspettano il Regno Unito (ammessi anche dal governo May), non hanno spostato le opinioni. Chi nel 2016 ha votato per lasciare l’unione Europea lo ha fatto trascinato dalle emozioni (rabbia, frustrazio­ne, nostalgia); e le emozioni viaggiano su un’onda lunga, che non è ancora finita.

Lo stesso è accaduto negli Usa. Non basta il buon andamento dell’economia (iniziato con Obama, peraltro) per spiegare l’immutato sostegno a Donald Trump. Secondo The Fact Checker, un servizio del Washington Post, tra il 20 gennaio 2017 e il 1° maggio 2018 il presidente ha pronunciat­o 3.001 affermazio­ni false o inesatte. Ha detto (72 volte) di aver approvato «il più grande taglio fiscale della storia» (falso, è solo all’ottavo posto). Ha affermato ripetutame­nte che «i posti di lavoro sono cresciuti per la prima volta dopo molti, molti anni» (non è vero, crescono dal 2014). Alcune bugie sono clamorose. Più volte Trump ha affermato d’aver iniziato la costruzion­e del muro anti-immigrazio­ne sul confine col Messico (dov’è?). In un giorno solo — 28 aprile 2018 — il presidente è arrivato a infilare 44 affermazio­ni false o fuorvianti. Questo lo ha indebolito? Neanche per sogno. Chi ha votato Trump, lo rifarebbe.

Torniamo all’italia. Se il governo Conte non introduces­se la flat tax al 15% (un clamoroso regalo ai ricchi), non pagasse il reddito di cittadinan­za (dove sono le coperture?), non abolisse la riforma delle pensioni (sarebbe un dispetto ai giovani) e non espellesse mezzo milione di migranti (impossibil­e), gli elettori di Cinque Stelle cosa farebbero? Saprebbero ascoltare (le critiche, la delusione, i propri dubbi) oppure si limiterebb­ero a tifare? Quando Matteo Renzi, al momento dell’insediamen­to, promise «una riforma al mese» e non mantenne, gli elettori del Partito democratic­o se ne sono ricordati. Eccome, se se ne sono ricordati.

Noi e gli altri

In politica e in famiglia, con gli amici e sui social: tutti parlano, pochi comunicano

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