Corriere della Sera

Rider, gli invisibili (non assicurati) fattorini della cena

Mal pagati, a rischio se si fanno male: i lavoratori delle consegne a domicilio e il dossier in mano a Di Maio

- Di Milena Gabanelli e Rita Querzé

Li incroci spesso mentre ti tagliano la strada, ti sfiorano, si piazzano davanti ai semafori. Vanno di fretta, a cottimo, e ogni tanto ci scappa l’incidente, ma per loro niente Inail. All’ultimo gradino della scala del lavoro sono arrivati i rider. Sono i fattorini ingaggiati dalle piattaform­e della gig economy. In Italia la Fondazione Debenedett­i stima che siano 10 mila gli «invisibili».

Prendiamo una cena recapitata a casa. Il costo è di 30 euro. In realtà 21 finiscono al ristorante, nove alla piattaform­a che ha agganciato l’ordine e gestito la consegna (il 30%). Di questi nove euro, quattro servono per pagare il lavoratore, quattro sono le spese di marketing e gestione. Alla fine, alla piattaform­a questa consegna frutta un euro. A fare la differenza quindi è il valore del pasto: più è alto, più i ricavi aumentano. Oltre alla rapidità con cui si conquista un mercato: una volta che una piattaform­a è affermata, può ridurre le spese di marketing. E allora, tornando al nostro esempio, dalla mia consegna potrà tenersi in tasca puliti quattro euro al posto di uno. Per il momento molte piattaform­e lavorano in perdita. O chiedono una quota aggiuntiva per la consegna del pasto che arriva fino a tre euro.

L’affare della cena a casa Di fatto siamo nel mezzo della guerra tra multinazio­nali del food delivery per accaparrar­si un mercato che in futuro promette ricchi margini. Le principali sono la tedesca Foodora, parte del gruppo Delivery Hero, presente in oltre 40 Paesi. Nel 2017 ha registrato ricavi per 544,2 milioni di euro. Ma è in perdita per 245 milioni di euro. Nel 2018 punta al pareggio con 740-770 milioni di ricavi. Poi Just eat, fondata in Danimarca nel 2000. Quotata dal 2014 a Londra, opera in 13 Paesi. Nel 2017 ha registrato un fatturato di 622 milioni di euro. Profitto prima delle tasse: 118 milioni di euro. Deliveroo è attiva in Italia dal novembre 2015 in 17 città attraverso la Deliveroo Italy srl, controllat­a dalla holding inglese Roofoods Ltd. Opera con il marchio Deliveroo in oltre 200 città in 12 Paesi. Non è quotata in Borsa e non diffonde informazio­ni su ricavi e utili/perdite. Glovo è nata a Barcellona nel 2015, opera nelle principali città spagnole, a Parigi, Roma e Milano. Consegna qualunque cosa, dalle chiavi dimenticat­e a casa alla spesa.

Quanto pagano

Il lavoro è organizzat­o da un algoritmo, e punta su un continuo turn over. Le condizioni e i compensi cambiano continuame­nte e variano anche da città a città. Non sono previste maggiorazi­oni per lavoro festivo, notturno, pioggia o neve. Mediamente le piattaform­e «ingaggiano» il 20% di lavoratori più del necessario per tutelarsi rispetto alle defezioni dell’ultimo minuto.

Foodora assume cococo, li paga quattro euro lordi a consegna che vuol dire 3,60 netti. Deliveroo ingaggia collaborat­ori occasional­i, li paga quattro euro netti a consegna; a fine 2018 spariranno invece i contratti che pagano a 5,60 euro netti l’ora più 80 centesimi a consegna. Just eat: ha collaborat­ori coordinati e continuati­vi, ma buona parte sono occasional­i assunti tramite la società Food Pony, che paga 6,50 euro netti per ora di attività. Glovo ha collaborat­ori occasional­i pagati 2 euro netti a consegna più 60 centesimi per chilometro percorso più cinque centesimi per ogni minuto di attesa al ristorante o in negozio sopra i primi cinque minuti.

Sicurezza e polizze

Compensi bassissimi e un problema di «sicurezza»; tra l’altro il cottimo spinge a prendersi qualche rischio in più. I pochi rider co.co.co hanno un’assicurazi­one pagata dal lavoratore per un terzo e dal datore di lavoro per due terzi. Per un fattorino che guadagna 600 euro al mese si tratta di versare circa 75 euro l’anno, mentre l’azienda ne metterà 150. Vuol dire che in caso di incidente è previsto un indennizzo come se fosse un dipendente.

Il problema maggiore nasce per i collaborat­ori occasional­i (ex legge 276 del 2003), che sarebbero circa l’80% dei rider. In pratica 8.000 fattorini sono completame­nte privi di copertura. O si assicurano a spese proprie (e nessuno lo fa), o in caso di incidente non hanno diritto ad alcun risarcimen­to.

Deliveroo ha stipulato per i suoi rider un’assicurazi­one privata che «garantisce — oltre alla copertura per danni a terzi e a un’indennità temporanea durante le cure — 50 mila euro in caso di incapacità permanente. Stessa cifra per morte accidental­e, più 3.000 euro per i funerali. Se il lavoratore fosse coperto dall’inail, i risarcimen­ti — in caso di incapacità permanente — avrebbero sei zeri. L’assicurazi­one di Deliveroo prevede poi 12.500 euro per la perdita della vista da un occhio, 25 mila euro per la perdita di un arto o della vista. Poca cosa se

Le piattaform­e faticano Foodora (544 milioni di ricavi nel 2017) è in perdita per 245 milioni Ci sono compagnie virtuose nel rapporto con i fattorini, ma le big le divorano sul mercato

comparata ai risarcimen­ti dei cococo con le stesse mansioni. Ma sempre meglio del nulla» che spetta agli occasional­i di Glovo o Just Eat.

Che farà il ministro?

Ora la questione è sul tavolo del ministro del Lavoro Luigi Di Maio, e dovrebbe essere affrontata proprio questa settimana. Ci sono delle idee, se vuole tenerne conto. Primo: fissare una retribuzio­ne minima per legge per questi lavoratori, siano essi autonomi o dipendenti, applicando magari il contratto della logistica, che per i rider prevede 8,6 euro lordi l’ora, circa 7 euro netti. Secondo: l’obbligo di garantire la previdenza ai collaborat­ori occasional­i, e un’assicurazi­one degna di questo nome. Sarebbe utile anche un registro dei rider, per avere una tracciabil­ità dei rapporti di lavoro. Inoltre: chiamare il mondo della ristorazio­ne alle proprie responsabi­lità. Per esempio, Mcdonald’s ha stipulato un accordo con Glovo per la consegna dei suoi hamburger. Si sente coinvolta o disinteres­sata rispetto all’equo trattament­o di quei rider?

Infine ricordiamo che le piattaform­e virtuose esistono, ma vengono divorate dalle grandi perché non ce la fanno a stare sul mercato. Andrebbero «premiate» con qualche agevolazio­ne e spazi pubblicita­ri. Il comune di Bologna lo sta già facendo.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy