Latina, clan rom vendeva i voti per il Comune
«Campagna anche per i candidati leghisti»
Vendeva droga. E voti per il Comune. Arrestato ieri in un blitz a Latina un pregiudicato. In cella con lui altre 21 persone. Il clan rom avrebbe fatto campagna anche per la Lega.
ROMA Vendeva droga e voti, uno dei pregiudicati arrestati ieri nella retata per associazione mafiosa e altri reati che a Latina ha portato in carcere 21 persone e 4 ai domiciliari. Secondo l’accusa il trentaduenne Gianfranco Mastracci procurava cocaina a consumatori abituali, minacciando ritorsioni nei confronti di chi non pagava, ma anche consensi elettorali in favore del candidato sindaco Orlando Angelo Tripodi e di un aspirante consigliere comunale della città pontina. Erano le elezioni del 2016, e Tripodi non ce l’ha fatta. A marzo, però, è entrato al consiglio regionale del Lazio e ora è capogruppo della Lega di Matteo Salvini. Nell’inchiesta della Procura di Roma lui non è direttamente coinvolto e ieri ha rivolto «un plauso a magistratura e forze dell’ordine», mentre Roberto Bergamo (che alle Comunali ha guidato una delle liste a suo sostegno, ma senza successo) è indagato per corruzione elettorale.
Il racconto di ciò che sarebbe avvenuto nella competizione politica di due anni fa è stato fatto agli inquirenti e agli investigatori della polizia (oltre che dalle Squadre Mobili di Latina e Roma l’indagine è stata curata dal Servizio centrale operativo diretto dal questore Alessandro Giuliano) da una delle presunte vittime di Mastracci e del giovanissimo Ismail El Ghayesh, anche lui arrestato. Il quale ha rivelato che nonostante fosse orientato a votare per un altro candidato (anche perché un suo conoscente gli aveva promesso 50 euro per esprimere quella preferenza), cambiò la sua decisione. Mastracci e El Ghayesh, che lo rifornivano di droga e vessavano per ottenere il pagamento di alcune dosi, «mi hanno ordinato, con tono imperativo, di votare per il candidato sindaco Tripodi, e come preferenza tale Bergamo Roberto in quanto, a dire di costoro, avrebbero ricevuto le somme di 30 euro per ogni voto acquisito».
Secondo il testimone, i due lo andarono a prendere e lo portarono al seggio, poi si fecero consegnare la tessera elettorale che dovevano mostrare per ottenere i soldi, e lo stesso fecero con altri ragazzi della città. Ma gli interventi elettorali della malavita locale non si sarebbero limitati a questa compravendita di preferenze. L’indagine sul «clan Di Silvio» di etnia rom, condotta dal procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Zuin ha scoperchiato un condizionamento a Latina e dintorni che gli inquirenti ritengono di tipo mafioso, fatto di traffico di droga, estorsioni, minacce, attività finanziarie. E inquinamento della politica locale. Il pentito Renato Pugliese, pregiudicato per estorsioni e droga, oltre a dipingere la scalata criminale di Armando Di Silvio detto «Lallà», della moglie Sabina e dei figli Ferdinando «Pupetto», Samuele, Gianluca e Sara Genoveffa, parlando di un suo complice ha raccontato: «Era con me nella campagna elettorale del 2016 a Terracina e Latina, attaccava i manifesti elettorali di Salvini e Gina Cetrone per conto mio e di Agostino. Quando facciamo il lavoro garantiamo che i manifesti non vengano staccati».
Gina Cetrone era una candidata (non eletta) della lista «Si Cambia» a Terracina; Agostino Riccardo è un luogotenente dei Di Silvio, accusato pure lui di mafia. Il pentito ricorda anche l’occasione in cui il «capo» Armando Di Silvio disse «che da quel giorno la politica era tutta dei Di Silvio, le elezioni dovevano essere fatte dai Di Silvio... Abbiamo fatto anche la campagna “Noi Salvini”...». La moglie Sabina «sapeva della campagna elettorale che stavamo curando, sia a Latina che a Terracina. Custodivamo i manifesti nella stalla di proprietà dei Di Silvio, distante circa 100 metri da casa sua».
Agli atti dell’indagine c’è un rapporto del commissariato di Terracina che per i pm e il giudice che ha ordinato gli arresti costituisce un riscontro alla propaganda elettorale del clan. Si riferisce che il 31 maggio 2016, venti giorni prima del voto, nella macchina su cui viaggiava Agostino Riccardo «venivano rinvenuti numerosi manifesti riguardanti i candidati alle elezioni amministrative di Latina e Terracina (Calandrini-lungo Elsa lista «Cuori italiani» , Lista Salvini candidato Zicchieri, Corradini Gianluca, Cetrone Gina e Tramentozzi, lista «Si Cambia»), nonché materiale utilizzato per l’affissione».
Il gruppo dei Di Silvio accusato di mafia tra «droga e corruzione elettorale»