Il fondo Usa Elliott adesso vuole il vetro
Da Telecom Italia all’ex Sangalli Vetro. Per un’operazione in cui prevale l’approccio industriale rispetto a quello finanziario. È l’ultima sfida in Italia del fondo Usa Elliott, noto alle cronache non solo per la partecipazione in Tim, ma anche per aver finanziato l’acquisizione da parte di Yonghong Li del Milan (di cui Elliott diventerebbe proprietario in caso di mancata restituzione del prestito). Il terreno del nuovo approccio industriale è la Puglia, in particolare Manfredonia dove, sulle ceneri del Contratto d’area — reindustrializzazione tra le più grandi mai attuate in Italia, voluta fortemente dai governi Prodi e D’alema per risarcire un territorio sfregiato dal petrolchimico dell’eni, e inaugurata dal governo Berlusconi nel 2002 —, giace lo stabilimento del gruppo veneto Sangalli, in fallimento, nato per produrre vetro architettonico con la tecnologia float. Oggi Nikolas Pressas, ex dirigente di Agc Glaverber, manager a cui si è affidato Elliott per l’operazione vetro, incontrerà alla Regione Puglia Leo Caroli, il responsabile della Task Force per l’occupazione. A cui verrà illustrato il piano industriale elaborato per scalzare i turchi di Sisecam a cui era stato assegnato lo stabilimento dal curatore fallimentare (con esclusiva che scade il 18 giugno) prima che l’operazione venisse bocciata due giorni fa dai lavoratori (il 95% ha espresso voto negativo). L’offerta migliorativa di Elliott, infatti, agli occhi dei dipendenti appare preferibile: 17,5 milioni rispetto a 15,7; tutela dei 170 dipendenti con possibilità di arrivare a 240 (Sisecam si ferma a 60); piano industriale con investimenti di circa 30 milioni di euro per la ristrutturazione delle fornace per vetro. Elementi che verranno ribaditi oggi a Caroli: l’obiettivo di Elliott è farsi assegnare dal tribunale di Treviso, in mancanza dell’accordo sindacale, lo stabilimento. L’alternativa è una nuova asta partendo dalla base di 17,5 milioni.