Né nature morte né marine Così lo scafo si mise in posa
I ritratti di barche, un genere tra potere navale e spiritualità
individuale, ma collettivo. Potremmo chiamarlo un «orgoglio di categoria». Che l’oggetto del dipinto fosse una nave o un porto o un imbarcadero, tutto parlava di un mondo operoso, ambizioso, ricco.
Nel Sei e Settecento, con la crescita dei commerci e con l’affermarsi di grandi potenze marittime come l’olanda, aumentarono gli artisti che si dedicarono a questo genere ma soprattutto i ritratti cominciarono a raccontare fisionomie territoriali precise.
E a lasciarsi influenzare dai toni lirici dei vedutisti. Per esempio, il rigoroso Salvatore Fergola, napoletano e a lungo fedele pittore di corte, cede a una nota romantica nel suo «periodo delle marine in tempesta». Ma gli autentici ritrattisti di navi, erano altra cosa. Oggi nomi come i liguri De Simone o il triestino Klodic possono dirci poco, eppure all’epoca erano molto ricercati. Nei «captain’s paint», il committente era il capitano (o l’armatore) e i ritratti poi venivano appesi negli scagni, uffici, degli stessi armatori. Erano un album intimo, perché la barca — chi ama il mare lo sa — riveste un ruolo particolare nelle famiglie mercantili. Sono una presenza viva, come un nume tutelare, con un valore spirituale più che sentimentale.
E infatti non è un caso che molti di questi ritrattisti di navi si siano poi specializzati in un altro esercizio pittorico, cioè negli ex-voto marinari. I santuari liguri ne sono pieni (importante per esempio il nucleo conservato nel chiostro della chiesa di Nostra Signora del Boschetto): quadretti votivi di piccolo formato, spesso commissionati da marinai scampati ai naufragi oppure da marittimi che in questo modo volevano proteggersi dai rischi della navigazione.
E proprio in Liguria si trova uno dei più antichi ex-voto marinari, custodito ai piedi del trono che accoglie l’icona miracolosa di Nostra Signora di Montallegro (Rapallo): una lamina d’argento dove è stato raffigurato un vascello, promessa e offerta in voto, nel dicembre 1574, dal ragusano Niccolò Allegretti in occasione dello scampato naufragio della sua nave nei pressi di Monterosso.
Tra devozione e culto domestico, i «ritratti del mare» sopravvivono grazie a una fede laica, atavica, profonda: la fede custodita negli abissi, dove ci ritroviamo tutti. Percorsi
● Otto le aree tematiche dell’allestimento: le vele e la rivoluzione apportata dal vapore e dal passaggio dal legno al ferro e all’acciaio nella costruzione degli scafi; vapori da carico che faranno del piroscafo da carico uno dei pilastri dell’economia mondiale; vapori d’emigrazione; vapori da guerra; vapori transatlantici, simbolo del turismo internazionale del XX secolo; navi da ferro e da carbone; il porto di Genova fra ‘800 e ‘900; i porti europei e le loro trasformazioni bananne pe u me figgiò?». Il camallo non doveva essere necessariamente un forzuto: doveva reggere in equilibrio i sacchi di grano, manovrare la zappetta per i pacchi di caffè, impugnare come si deve l’acuminato gancio d’acciaio (i ganci vennero esibiti anche in piazza De Ferrari alla manifestazione antifascista del giugno 1960); oppure se era un «pesatore» doveva saper calcolare, quando arrivava una balla di lana «sucida», impura, quanto si doveva sottrarre al peso a causa dello scarto e dell’umidità. Certo, se eri ben piazzato non guastava: come Bartolomeo Pagano che fu ingaggiato, per i suoi 120 chili di muscoli spalmati su un metro e 90, come interprete di Maciste nel film «Cabiria» (1914). Oggi i camalli devono destreggiarsi tra pc e container, ma continuano a lavorare 364 giorni l’anno e 24 ore su 24.
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La rappresentazione In questi dipinti si celebra il valore dell’imbarcazione, la sua storia e il destino