Doppia elegia in memoria del fratello che non c’è
Brother è una bellissima elegia. Gli autori, Matthew e Michael Dickman, gemelli, originari di Portland, Oregon, piangono il suicidio di un terzo fratello. Il doppio legame di sangue conferisce alla poesia necessità quasi matematica. Non esistono libri paragonabili a questo, libri doppi e uni. La doppiezza-unità condiziona anche l’aspetto grafico: non hai né un fronte né un retro; hai invece una perpetua, costitutiva autoriflessività o ciclicità, per cui nessuno dei due Dickman prevale sull’altro e comunque giri il volume, chiunque parli, il canto non deraglia mai. Matthew e Michael (nella foto) sono diversi. La ciclicità non li schiaccia nell’interscambiabilità. Ognuno ha la sua voce, e la esibisce con un’intensità che rende l’esercizio dell’arte e l’esperienza del dolore una sola cosa. Tanto è diffuso e confessional Matthew quanto è contratto e metaforico Michael. Diresti che in questa raccolta, che io ho avuto il piacere di tradurre in italiano, le due anime della poesia americana si siano confrontate in una radicale vicinanza: da una parte la discorsività di Walt Whitman, dall’altra l’asciuttezza simbolica di Emily Dickinson. Attraverso la lente del lutto, Brother finisce per essere un viaggio nell’album di famiglia, lo schizzo di un’america pop e una riflessione sul senso di un legame come quello tra fratelli, imperscrutabile, perché biologico prima e dopo tutto, e al tempo stesso inevitabile, anche troppo «normale». Le ragioni di fascino non si contano, dalle rievocazioni autobiografiche, alle visioni psichedeliche, al dispiego più disinibito della sofferenza, che riempiono di significato anche un caffè mattutino.
Il 27/6 h 12 a Palazzo Reale, «Lettura in poesia» con Matthew Dickman, con il sostegno del Comune di Milano