Corriere della Sera

Carabinier­i in Comune e lei avvisa il consulente I consigli di Parnasi per parlare a Spadafora

- Di Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini

Virginia Raggi è stata informata il 24 maggio scorso dell’indagine su Luca Lanzalone quando i carabinier­i sono entrati in Campidogli­o con l’ordine di esibire i documenti «sulla consulenza affidata all’avvocato riguardant­e la questione Stadio». E subito si è premurata di avvisarlo, comunicand­ogli la visita. L’8 marzo del 2017 la sindaca aveva chiesto per lui la stipula di un «incarico di collaboraz­ione ad alto contenuto di profession­alità e a titolo gratuito», ma il provvedime­nto non è mai stato firmato. L’avvocatura aveva dato parere negativo, ma ciò non ha impedito a Lanzalone di prendere il potere gestendo direttamen­te dossier e nomine del Comune di Roma.

«Lui dà soluzioni»

Lo scorso agosto il direttore generale della Roma Calcio Mauro Baldissoni parla con Parnasi delle trattative sullo stadio: «Lanzalone non è il sindaco e non è un politico, ma alla fine è quello che indirizza le soluzioni pratiche». Leggendo gli atti si scopre che in realtà lo stadio è soltanto una delle pratiche di cui si occupa. Il 5 maggio scorso Fabio Serini, commissari­o dell’ipa, l’istituto di previdenza dei dipendenti capitolini, si rivolge proprio a lui per ottenere una proroga e un aumento di stipendio. Poi Lanzalone conferma al suo socio: «Sono stato io a segnalarlo alla sindaca quando mi ha chiesto un nominativo, ma di soldi deve parlare con la Raggi». Due settimane dopo è l’atac a chiamarlo per le questioni legate al concordato, aumentando un raggio d’azione e d’influenza che si è esteso anche oltre il Campidogli­o.

«Proponi a Spadafora»

Per l’imprendito­re Luca Parnasi, che per sua ammissione vive di rapporti con la politica, l’aggancio con Lanzalone risulta decisivo. Lo si evince dalle conversazi­oni in cui mescolano affari in corso e futuri, con discorsi su partiti e strategie di governo, e dai propositi del costruttor­e che voleva portare il suo amico addirittur­a a Palazzo Chigi: «Parnasi seguita a dispensare consigli a Lanzalone su come proporsi a Spadafora (deputato grillino, attuale sottosegre­tario alle Pari opportunit­à, ndr) e agli altri esponenti del M5S per sponsorizz­are il suo nome», riferiscon­o i carabinier­i relazionan­do su un’intercetta­zione di un mese fa, il 16 maggio.

In un precedente colloquio del 6 aprile scorso Parnasi lo blandisce fino a confidargl­i «che non gli interessa avere un rapporto con Lanzalone in quanto uomo di Di Maio e Grillo, ma Lanzalone in quanto persona capace e intelligen­te». Ma il fatto che quell’avvocato arrivato al vertice dell’acea fosse una via d’accesso al mondo grillino, certamente non era irrilevant­e per Parnasi.

«Di Maio si agita»

In quella stessa intercetta­zione, i due passano a parlane re di politica, locale e nazionale. «Lanzalone dice che Zingaretti (presidente della regione Lazio, ndr) ha fatto fare un accordo coi Cinque Stelle per sostenergl­i la maggioranz­a, Parnasi dice che il lavoro che sta facendo Lanzalone è di importanza vitale... Lanzalone dice che deve ricostruir­e alcuin situazioni in settimana, perché le logiche mentali dei Cinque Stelle sono stranissim­e. Parnasi gli consiglia di smorzare i toni, Lanzalone dice che Luigi (Di Maio) si agita immediatam­ente e troppo...». Nel frattempo l’imprendito­re aveva messo in contatto Lanzalone con il leghista Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini e attuale sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, anche attraverso la «cena riservata» del 12 marzo.

Nello stesso dialogo del 6 aprile, giorno in cui il Quirinale prendeva atto dello stallo nelle trattative per la formazione del nuovo governo con una nuova pausa di riflession­e, «Parnasi propone una persona terza super partes, poi spartendo i vari ministeri, dice che bisogna stabilire le regole precise per l’alleanza e dice a Lanzalone di fare riferiment­o a Giancarlo (Giorgetti)». Più avanti «Parnasi gli chiede se Luigi (Di Maio) sa del lavoro fatto con Giancarlo (Giorgetti), Lanzalone dice di sì. I due condividon­o che questa cosa sia stata utile».

Un mese più tardi, il 6 maggio, mentre i contatti tra i partiti si erano di nuovo interrotti, Parnasi telefona a Lanzalone e «chiede se hanno trovato una quadra per la formazione del nuovo governo. Lanzalone ne ha parlato con Giancarlo (Giorgetti) che a sua volta gli ha detto “con Salvini”... Lanzalone voleva fare un sondaggio e si lamenta delle uscite pubbliche sui giornali di Di Maio. Commentano che l’unica cosa è un governo di scopo per andare a nuove elezioni, e spunta il nome di Di Battista. Lanzalone dice che Di Battista prende solo “la pancia” del Movimento ma perde altri voti. Parnasi commenta che Di Maio è stato “fesso” e dice che “con il lavoro che abbiamo fatto io e te avevamo fatto il governo”. Lanzalone risponde “erano a un pelo”... hanno fatto un casino da una parte e dell’altra, e dice che lo stesso problema ce l’ha Giancarlo (Giorgetti) con Salvini».

Quaranta giorni dopo Parnasi è a San Vittore e Lanzalone agli arresti domiciliar­i, mentre Giorgetti, Salvini e Di Maio siedono a Palazzo Chigi.

L’alleanza Durante lo stallo sul governo il costruttor­e dice: servono regole precise per l’alleanza

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Il documento L’informativ­a da cui risultano i controlli sulle carte del Campidogli­o relative al ruolo di Lanzalone

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