Ordinò l’attacco a Malala, ucciso «Radio mullah»
Amava farsi rispettare, e soprattutto temere, come uomo d’ordine, pio e senza scrupoli. Feroce esecutore in nome della più stretta interpretazione della legge islamica, prima leader degli integralisti pachistani e poi tra i massimi dirigenti dell’intero movimento talebano anche in Afghanistan. Il mullah Fazlullah è morto giovedì nella provincia del Kunar, sul confine tra le zone tribali pachistane e le regioni montagnose dell’est afghano. Ucciso da un drone americano: lo confermano i comandi Usa e quelli del governo di Kabul. Per tutto il mondo il suo nome comincia a farsi sentire nella metà del primo decennio del Duemila, quando Osama Bin Laden e il mullah Omar sono alla macchia e la coalizione a guida Usa cerca di debellare gli ultimi centri di resistenza che ancora combattono dopo l’invasione alleata dell’afghanistan nell’autunno 2001. Fazlullah è da subito il «Radio mullah» per il fatto che la sua emittente si fa seguire nelle vallate dello Swat pachistano, una sorta di provincia autonoma jihadista che vorrebbe ricreare ciò che i talebani avevano perso al di là del confine. Lui agisce da una madrassa, una scuola religiosa, dove ci riceve per un pomeriggio insistendo che il suo lavoro è solo «riportare morale e giustizia nel caos della guerra». Attorno a lui ci sono guerriglieri ceceni, algerini, libici, sauditi. In verità proprio in quei giorni Fazlullah in persona decapita almeno due poliziotti pachistani e li fa appendere come monito ai pali della luce. Quindi procede con la metodica distruzione di bassorilievi di Buddha antichi due millenni, proprio come i talebani avevano fatto a Bamiyan nella primavera del Duemila. La sua politica di persecuzione delle ragazze che vorrebbero andare a scuola si manifesta anche negli attacchi a quelle che si ribellano. Si crede sia stato lui ad ordinare l’attentato a Malala Yousafzai, oggi assurta a bandiera mondiale della lotta per l’educazione delle ragazze.