Dai motori ai laser Così Donald spera di colpire al cuore il Dragone «hi-tech»
WASHINGTON L’america minaccia di tagliare la strada alla corsa dello sviluppo cinese. La gran parte dei prodotti che saranno colpiti dai dazi fanno parte del programma Made in China 2025, l’agenda strategica del presidente Xi Jinping. L’elenco comprende soprattutto la componentistica o le forniture di base nei settori industriali già maturi: materiale ferroviario, i compressori ad aria o a gas per i frigoriferi, motori per le barche, equipaggiamenti per gli impianti di riscaldamento nelle fabbriche, macchinari per la catena del freddo nell’alimentare. Ma ci sono anche articoli più sofisticati: laser, parti per reattori nucleari, attrezzature per l’aviazione, per il medicale, per la chimica fine. È l’enorme campo in cui la Cina sta lavorando al salto di qualità, con l’obiettivo di diventare il fornitore mondiale di pezzi ad alto valore aggiunto, e non solo di abbigliamento e oggetti quasi sempre scadenti.
I dazi americani puntano a spaventare i cinesi, ostacolando o mettendo a rischio questa evoluzione. Non a caso la Casa Bianca ha escluso dalle liste le voci di largo consumo, compresi i cellulari e i televisori a basso prezzo. Pechino finora ha dichiarato di voler penalizzare soprattutto le derrate agroindustriali, come soia e carne di maiale, provenienti dal Mid-west, il serbatoio elettorale di Trump.
Gary Cohn, ex Goldman Sachs, ha lasciato il 6 marzo scorso l’incarico di consigliere economico alla Casa Bianca proprio perché in dissenso con la politica neo protezionistica di «The Donald». Adesso dà voce alle critiche largamente diffuse tra le imprese e tra gli economisti: i dazi faranno aumentare il tasso di inflazione, bruciando i benefici apportati alle aziende dal recente taglio delle imposte. Altri analisti, come la Oxford Economics, invece, calcolano che l’impatto delle manovre annunciate da una parte e dall’altra sarà comunque ridotto sulla crescita del prodotto interno lordo dei due Paesi: -0,1/-0,2% nel biennio 20182019. Ma nello stesso tempo tutti avvertono che è difficile misurare gli effetti dell’incertezza sui mercati finanziari. Ieri mattina Wall Street ha accolto con uno scivolone il comunicato ufficiale diffuso dallo Studio Ovale, pur recuperando qualcosa nel corso della seduta.
Ma, evidentemente, non sono questi i ragionamenti del team di Trump. L’obiettivo del presidente è tagliare di 170-200 miliardi di dollari lo sbilancio commerciale con la Cina che oggi è pari a circa 380 miliardi di dollari. Pechino finora ha offerto di aumentare le importazioni per circa 70 miliardi di dollari. Per «The Donald» non basta: è il momento di forzare.