Strangola l’amante e simula il suicidio
Verona, la vittima aveva 77 anni. Entrambi pensionati e vicini di casa, si erano conosciuti su Facebook
L’ha uccisa strangolandola con un cordino da giardinaggio e poi ha cercato di inscenare un suicidio. Ma i poliziotti, la sera del 4 giugno, hanno impiegato pochi minuti per capire che Fernanda Paoletti, pensionata veronese di 77 anni, impegnata nel volontariato, non si era tolta la vita impiccandosi a uno dei termosifoni del suo piccolo appartamento al primo piano di via Unità d’italia, zona est di Verona.
I sospetti sono subito caduti su Pietro Di Salvo, l’amante di 72 anni che lei aveva iniziato a frequentare da meno di un anno, dopo averlo conosciuto su Facebook. Una relazione che i due anziani avevano tenuto nascosta. Solo la vicina di casa di Fernanda sapeva di quell’uomo, ex operaio in grandi aziende veronesi dell’agroalimentare, che ogni lunedì mattina si presentava a casa della pensionata. Ed è stata proprio lei a indirizzare gli investigatori sulla pista giusta.
È stato uno dei due figli della donna — ex impiegata comunale, sposata due volte, assai impegnata in parrocchia, al centro Alcolisti anonimi e in una casa di cura per anziani, quella dove si era spento il suo secondo marito — a preoccuparsi, proprio quel lunedì in cui è stata poi ritrovata priva di vita, perché la madre non rispondeva al cellulare. Avrebbero dovuto incontrarsi nel pomeriggio nel centro di Verona, ma lei non si è presentata, senza neanche rispondere al telefono.
La sera, rincasando insieme alla moglie, il figlio è passato di fronte all’appartamento di Fernanda e ha notato l’auto parcheggiata in strada. A quel punto ha deciso di controllare di persona, perché l’anziana, come ogni lunedì sera, non doveva essere in casa, ma da un parente invalido che accudiva. Il figlio ha contattato la vicina e ha chiesto il secondo mazzo di chiavi dell’appartamento. Una volta aperto l’uscio d’ingresso, si è trovato di fronte il corpo senza vita della madre, supino e legato con una cordicella al termosifone.
I poliziotti della mobile, insieme ai colleghi della scientifica e al pm Maria Beatrice Zanotti, hanno capito da subito che non si trattava di una rapina finita male: l’appartamento era perfettamente in ordine, mancavano solo il cellulare e una borsetta. Dopo che la vicina ha fatto il nome di Di Salvo, gli agenti si sono presentati a casa del pensionato, dove vivono anche la moglie e uno dei tre figli.
L’anziano, però, non c’era. Dal mattino era ricoverato in ospedale per un attacco di cuore. Rientrato a casa dopo aver commesso il delitto, si era sentito male. Sempre negando di avere a che fare con il femminicidio, ripetendo a moglie e figlio che per giorni glielo avevano chiesto in ospedale, che lui quel giorno non era mai stato a casa di Fernanda. Anzi, aveva precisato di essere uscito per sistemare il giardino delle altre due figlie.
L’indagine è stata condotta in tempi rapidissimi, nel più assoluto riserbo. Solo dopo aver ammesso tutte le sue responsabilità ai poliziotti che lo hanno interrogato in ospedale, l’anziano si è deciso a raccontare tutto anche al figlio. Che non lo perdona: «Ha distrutto la nostra famiglia, non possiamo più uscire di casa. Per noi è morto anche lui».
Agli uomini del dirigente della Mobile Roberto Di Benedetto, Di Salvo avrebbe raccontato di averla uccisa dopo un diverbio. Lei avrebbe preteso di rendere pubblica la loro relazione, mentre invece lui non ne voleva sapere. Ma per la Procura, in realtà, aveva premeditato tutto. Al punto da portarsi dietro apposta quel cordino con cui l’ha soffocata. L’altra metà della fune è stata trovata nel bagagliaio della sua auto.
Quando la polizia, nel corso dell’interrogatorio, gli ha fatto presente che erano state già disposte le analisi del Dna sulle impronte ritrovate sul nastro, l’ex operaio è crollato. A tempo di record il gip Livia Magri ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’assassino. Non appena potrà lasciare l’ospedale, verrà trasferito in cella. Ma non ci sarà nessuno ad andare a trovarlo: «In pochi minuti ha distrutto tutto quel che ha fatto in 72 anni» si sfogavano ieri il figlio e la moglie.
Il figlio dell’assassino «Non lo perdonerò mai, in pochi minuti ha distrutto tutto ciò che ha fatto in 72 anni»