Il prof dell’itis tricolore di Sudoku «Sono aristotelico»
Mancuso, ingegnere, si è aggiudicato 4 titoli Commercialista, barista e tassista tra i rivali
della Bocconi di Milano sul calcolo matematico. Anche quella è una disciplina «sportiva» e anche lì il professore se la cava abbastanza bene (è arrivato quinto agli internazionali di Parigi). Affascina. Colpisce i suoi studenti dell’itis di Verona dove insegna, fieri di avere in cattedra un campione di sudoku. «Vero. Dal loro punto di vista è garanzia di qualità didattica».
Però, aggiunge il professore, per mettere in nove griglie una serie di numeri da uno a nove senza ripetizioni nella colonna o nel quadrante (questa l’essenza e l’obiettivo del gioco) non c’è bisogno di essere laureati in matematica. Anzi il calcolo non c’entra. «Conosco molti colleghi che sono una frana». Una pausa. Riprende: «Conta la logica aristotelica. Occorre capire, intuire. Inventarsi un metodo, un modo di ragionare». Qualità che si hanno o no, sentenzia il professore. Il sodoku è democratico, non è elitario. Cita la lista dei primi classificati all’ultimo torneo nazionale. Ci sono un professore, appunto lui, un commercialista, una bibliotecaria, ma anche un taxista e un barista. «Molti sono convinti che sia questione di numeri. Ma se al loro posto ci fossero lettere o altri simboli, il gioco sarebbe lo stesso».
Il professore ha trasformato un problema, anzi una scocciatura (il pendolarismo da Schio a Verona per lavoro) in un’opportunità. Allenandosi. «L’allenamento intellettuale — spiega — è diverso da quello di una disciplina agonistica dove c’è di mezzo il corpo. In questo caso occorre fare esercizio ogni giorno per In azione Alcune fasi del campionato nazionale di sudoku, il gioco inventato nel ’700 dal matematico svizzero Eulero tenere il livello muscolare a un certo livello. Nel caso del sudoku una volta imparati certi meccanismi, è fatta. Difficile dimenticarsene. Ora ho meno tempo per allenarmi, ho il cane, un figlio piccolo, la scuola. Eppure vinco».
Però non è vero che il tempo non è un serio ostacolo. Il professore ha un cruccio. I mondiali. Ha partecipato diverse volte ma con risultati non esaltanti. Non è mai entrato nei primi cento al mondo. «Insegno. La scuola non mi permette di prendermi molti giorni per andare ai tornei all’estero. Quando ci vado parto con un permesso, volo e arrivo appena prima dell’inizio. Non ho il tempo di prepararmi. Non riesco a concentrarmi come vorrei».
C’è ancora molto da fare per raggiungere i giapponesi (il campione del mondo è Kota Morinishi). La Federazione, diretta da Vittorio Schiavone, fa quel che può per far conoscere questa disciplina. Il massimo sarebbe acquisire uno o più sponsor. Per partecipare ai mondiali i giocatori devono autofinanziarsi.