Corriere della Sera

La gentilezza di cedere il posto

Le spille sui mezzi pubblici di Milano: «Mi fai sedere?» In viaggio tra ragazzi fissi sui telefoni e donne solidali

- Di Paolo Di Stefano 2 (foto di Claudio Furlan / Lapresse) 4

Il posto in metropolit­ana, nelle ore di punta, è l’obiettivo da conquistar­e ad ogni costo. Non c’è sesso e non c’è età che tenga. Ci si precipita sul sedile vuoto a corpo morto. Non ci sono donne incinte, disabili, anziani o bambini capaci di intenerire i cuori. Il posto a sedere è la meta del rugby, un trofeo fisico-atletico. Ora però la campagna #cedilposto, avviata a Milano da Atm (ma che sta contagiand­o altre aziende in giro per l’italia), invita a calmarsi. Ed è la prima tappa della «campagna comportame­ntale» lanciata in maggio che punta al rispetto delle regole (minime) di convivenza. Gli antieroi a cui si affida Atm, nei suoi manifesti, sono tre: il «re del menefreghi­smo», il «campione di spinte metropolit­ane» e l’«urlatrice». Tre tipi umani che non è raro incrociare sui mezzi pubblici. Nel tentativo di vincere la maleducazi­one l’azienda milanese distribuis­ce delle spille per anziani, donne incinte e disabili che chiedono gentilment­e «Mi cedi il posto, per favore?».

Bisogna farsi un giro e magari due tre quattro o cinque undergroun­d o in superficie per avere un repertorio significat­ivo della fenomenolo­gia del posto sui mezzi pubblici. Dove la maleducazi­one e la gentilezza convivono quasi alla pari. Perché non ci sono solo le ore di punta, dove «mors tua vita mea», quelle del mattino (andata al lavoro) e del tardo pomeriggio (ritorno a casa), dove ci si ritrova come sardine schiacciat­e con l’alito del vicino nel naso, gli zaini degli studenti sullo sterno, le cosce contro le cosce, le aste d’appoggio intasate, gli spintoni e i gomiti sui fianchi. E i pochi fortunati che siedono in tutta tranquilli­tà, indifferen­ti, attaccati allo smartphone o inebriati dalle cuffiette musicali. Chi dorme o finge di dormicchia­re ha il vantaggio di non poter cedere il posto, niente sensi di colpa, chiude gli occhi e il mondo delle sardine intasate non gli appartiene: non sente e figurarsi se può vedere le spille.

Nelle altre fasce orarie è tutto più facile, anche quando i posti liberi languono si può assistere al balletto della buona educazione. Non è un maschio ma una donna ad alzarsi per fare spazio alla ragazzinai­na-ina incinta, che ricambia con un sorriso e va a sedersi con il suo pancino e un grosso libro di grammatica turca tra le mani. Solidariet­à tra donne. Piaccia o non piaccia, co- Milioni Le persone che hanno viaggiato sulla rete metropolit­ana e di superficie gestita da Atm (a Milano e provincia) nel 2017 Il tasso di regolarità dei treni della metropolit­ana di Atm nel 2017. Più basso il dato dei mezzi di superficie (bus e tram): 82% in due sul bastone, ma nessuno lo scuote: non per cattiveria ma per totale astrazione dal mondo terreno degli umani. E alla categoria degli avulsi appartengo­no anche quelli, uomini e donne, che parlano da soli (al telefono) a volume sostenuto: con la mamma, con il fidanzato o con il collega di ufficio e non ci sono santi che riescano a farli uscire dal soliloquio appassiona­to e spesso delirante. Effetto atomo o campana di vetro: può crollare il mondo, io non esisto.

È raro sentire: «Prego, s’accomodi», ma succede. E succede

Le voci e i gesti

È raro sentire «prego si accomodi», ma capita E c’è il maschio alfa che si alza per una 40enne

anche che la risposta sia altrettant­o cordiale: «Grazie, ma devo scendere alla prossima». Ai bambini che ti sgusciano sotto le ascelle per fiondarsi sui sedili vuoti c’è solo da sorridere, povere creature. Eppure restano in piedi, sull’autobus o sul tram che ondeggia e sussulta, nonni traballant­i che avrebbero visibilmen­te bisogno di posto. In compenso la quarantenn­e avvenente con barboncino bianco sulla spalla trova subito da sedersi grazie al cicisbeo galante che non ci pensa due volte ad alzarsi con ampio gesto delle braccia. È il tipo eterno del maschio alfa, riconoscib­ile a occhio nudo, sempre più anacronist­ico e solo nella metropoli superficia­le come in quella sotterrane­a.

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