Corriere della Sera

Le donne oscure di Chris Powell

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

In A brief survey of the short story, la rubrica uscita sul Guardian a partire dal 2007, il londinese Chris Power si è occupato a lungo di racconti, di chi li scrive e di chi li ha scritti. Tutti mostri sacri (e qualche outsider) anche molto diversi tra loro, come Vladimir Nabokov (numero 28), che ha costruito «una macchina rigidament­e calibrata in cui niente è senza scopo o significat­o», o Katherine Anne Porter (numero 53), della quale descrive «l’ossessiona­nte semplicità» di un testo epico, Vino a mezzodì. Questo «genere» è caratteriz­zato a suo giudizio dalla scelta di privilegia­re il «momento straordina­rio» e non i cambiament­i nel tempo, tipici del romanzo. Sarà vero? Potrebbe rispondere Alice Munro, capace di accelerare e frenare continuame­nte il percorso dei sentimenti. Senza mai deragliare.

È ammirevole che dopo tanto lavoro critico, Power non si sia fatto terrorizza­re dall’incantesim­o degli esempi. Ha deciso di provarci anche lui. Così è arrivato Mothers, pubblicato in aprile da Faber&faber: dieci short stories (tre delle quali unite dal filo di una protagonis­ta seguita nel corso degli anni) in cui inventa persone destabiliz­zate dal rapporto con gli altri, che non riescono mai a esprimere quello che hanno in testa o nel cuore. Chi si sveglia disperato dopo una festa da cui è fuggito (Above the Wedding) si accorge che «l’alba ha distrutto le stelle». Lo sforzo sarà di non ricordare.

Come in Tutto quello che è un uomo di David Szalay, anche in Mothers giriamo il mondo — Svezia, Messico, Spagna, Grecia, Parigi, la minacciose foreste del Somerset — condividen­do la nausea leggera prodotta dalla solitudine. Le donne, Gunilla in Run o Ann in The Crossing, camminano sempre distanti dai loro partner («tutto quello che voleva era trovarsi lontana da lui») e possiedono la forza oscura di non voler essere amate male o di non voler essere amate del tutto. È impossibil­e ignorare la lezione di uno dei più grandi tra i moderni, William Trevor (numero 39), che nella splendida raccolta postuma The Last Stories, lasciata prima di morire in un cassetto della sua casa nel Devon, svela la sorpresa quotidiana del fallimento.

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