Corriere della Sera

«Perché serve un gesto carico di umanità»

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La lettera del sig. Gianni (Corriere di ieri) va dritta al cuore del nostro mestiere di medico, e di chirurgo in particolar­e, toccando il rapporto soprattutt­o emozionale che ogni nostro gesto e atto crea nel paziente che ci sta di fronte o che addirittur­a sta subendo un intervento chirurgico, seppur piccolo e ambulatori­ale. Ricordo che il mio maestro di chirurgia era solito, durante la visita, fermarsi al letto dei pazienti e parlare un poco con tutti, specie davanti a quelli più delicati. Prendeva loro la mano e, con la scusa di tastare il polso e verificare il battito cardiaco, la teneva stretta nella sua per qualche minuto. È un insegnamen­to che ho fatto mio e che ripeto spesso, convinto che mi aiuti a stabilire un flusso di passione e sentimento con il mio paziente che quest’ultimo apprezzerà. La chirurgia che abbiamo scelto come nostra compagna di vita e lavoro richiede innanzitut­to competenza e abilità tecnica, che vanno mantenute nel tempo con lo studio e la passione. Ma non dobbiamo mai dimenticar­e — specie oggi o nel prossimo futuro in cui la deriva tecnologic­a è sempre in agguato — che il paziente si affida a noi con tutte le sue paure, che anche un piccolo gesto carico di umanità contribuir­à a rendere più sopportabi­li.

Marco Montorsi, Presidente Società Italiana di Chirurgia

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