Le scimmiette della regina del ricamo
Caratteristica precipua di moltissimi italiani — nella moda come nel design — di successo globale è una certa riluttanza a comunicare l’entità della propria bravura — siamo un popolo abituato a vedere tanta di quella bellezza, ambientale e artistica, probabilmente, che la bravura ci pare un fatto naturale. Un esempio di riferimento di questa tendenza — che sconcerta gli osservatori stranieri, specialmente americani e francesi maestri di branding molto più che di manifattura — è Loretta Caponi, «bottega» (nell’accezione fiorentina, molto rinascimentale del termine) che da un cinquantennio ricama corredi sublimi per le case regnanti di mezza Europa e per una clientela fedelissima (e inevitabilmente abbiente, ricamare per migliaia di ore quella che di fatto è couture ha costi di produzione inevitabilmente molto alti). Così Caponi — ora la casa è diretta dalla figlia della fondatrice, Lucia — a Pitti ha presentato un divertente pret-a-porter maschile, una capsule di trenta capi realizzati con la solita maestria del ricamo: la giacca-kimono corta in lino navy blue con la scimmietta tra le liane (ispirata ai disegni dell’architetto Alessandro Mendini) e la giacca con collo reverse a lancia in piquet di cotone color biscotto con un ricamo d’ispirazione birmana ai polsi, il gilet in lino gessato in seta fantasia, la vestaglia in seta stampata a motivi geometrici foderata in spugna. La sfida, spiega Lucia Capini, è quella di realizzare capi sempre più esclusivi e speciali (la casa fiorentina realizzò il corredo per un matrimonio rimasto discretamente famoso, quello di Carlo e Diana). E le tecniche del ricamo? Sono quelle ottocentesche del «punto-catenella», quello che permette di mescolare insieme anche cento fili.