Hartnett: un errore rifiutare «Batman»
L’attore ospite al Filming Italy: «Abito lontano da Hollywood, la mia vita non è uno show»
CAGLIARI Sarebbe ingeneroso dire che, dopo il tuono di Pearl Harbor, è stato avvolto nella penombra. Ma certo Josh Hartnett ha compiuto più di un saliscendi sulla collina di Hollywood. Sta per compiere 40 anni, oltre venti di carriera: «Cominciò con una sit-com in cui sedevo sul water», ricorda con un sorriso aperto e sereno.
Il Filming Italy Sardegna Festival, nuovo di zecca, ideato e prodotto da Tiziana Rocca, apre con lui. Un ragazzo di bell’aspetto del Minnesota che ha avuto fidanzate strepitose (Scarlett Johansson, Gisele Bündchen, Helena Christensen, la cantante Rihanna…) e che in passato è stato paragonato come il terzo incomodo, quanto a sex symbol, tra Brad Pitt e Leonardo Dicaprio. «Loro erano già star e non è quello che cercavo, benché fosse lusinghiero. Mi chiedevo: cosa vuoi fare della tua vita professionale?». Lei ha detto di non essere competitivo: si concilia col mestiere che ha scelto? «Lo sono in maniera diversa, non rispetto all’industria cinematografica. I film indipendenti sono di nicchia ma ti permettono di sperimentare e di essere libero. Ho appena finito Gut instinct, un biopic ambientato negli anni 80, tra cospirazione e traffico di droga, su un giornalista con un profondo senso della giustizia. Amo il dramma che offre un cambio Set Josh Hartnett (39 anni) e Woody Harrelson (56) nel film «Bunraku» del 2010 interiore; e ho amato la serie tv horror Penny Dreadful».
Di Pearl Harbor, il film che a 23 anni lo lanciò, ricorda «i tempi di lavorazione dilatati, impensabili oggi: cento giorni. Poi ricordo che dopo un’esplosione, mi ritrovavo al sole in spiaggia alle Hawaii, dove giravamo, e non c’era consequenzialità col set. Conosco le regole del gioco, l’attore è un prodotto che si deve vendere. Non ho voluto abitare a Hollywood perché li non stacchi mai, mentre volevo mantenere una distanza tra chi sono e cosa faccio. Non voglio che la mia vita sia uno show. Ho vissuto a Minneapolis, sul bordo del selvaggio West, una città creativa nelle arti. Ho sposato una donna inglese (l’attrice Tamsin Egerton, ndr), abbiamo due bambini e viviamo a Londra».
Il Guardian scrisse: «Rimpiango di aver detto no a Batman». «Quella fu una mia frase fuori contesto. La verità è più complessa. Christopher Nolan mi chiese la disponibilità per Batman, gli risposi che avrei preferito essere in un altro suo progetto, The Il profilo con «Pearl Harbor» (a destra, nella foto con Affleck e Kate Beckinsale). Tra i suoi film «Black Dahlia» prestige. Non feci né l’uno né l’altro. È stata una grande lezione di vita. Bisogna rispettare il prossimo. Da giovane non prendevo il lavoro seriamente. Non scelsi di fare l’attore in modo profondo. Ero impegnato nell’arte visuale e recitavo un po’ a teatro e mi proposero un provino al cinema. I film li vedevo nella videoteca in cui lavoravo, lì ho scoperto il mio film e il mio attore preferiti: 8½ di Fellini: mi sono identificavo in Mastroianni e nella crisi creativa di un attore».
Dopo lo scandalo Weinstein, sembra quasi che gli attori appartengano al sesso «sbagliato»: «Questi sono i giorni dell’odio e della rabbia. Ci vuole tempo per misurare i reali cambiamenti. Ma si sta facendo una battaglia giusta sull’uguaglianza di genere».