Corriere della Sera

Il destino (amaro) di Renard fa volare l’iran

Il Marocco del c.t. sfortunato in Europa è condannato da un autogol di Bouhaddouz

- P. tom. DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Tommaso Pellizzari

MOSCA Se perdi al 96’, su autogol, nella tua partita di debutto come c.t. al Mondiale, non puoi fare molto altro che allargare le braccia e pensare: «Era destino». Ma quello che ha dato la vittoria all’iran sul Marocco, nella prima partita del gruppo B a San Pietroburg­o e che lo manda a sorpresa in testa al girone (con un’autorete in tuffo di testa di Bouhaddouz) è un destino con la «d» minuscola. Perché anche questa partita, che il Marocco avrebbe meritato quantomeno di non perdere, ha dimostrato che il Destino con la maiuscola non ha sbagliato a portare Renard sulla sua quinta panchina africana. In fondo, era dal 1998 che il Marocco non giocava un Mondiale. Comunque vada (e adesso è dura, visto che le prossime sono Portogallo e Spagna) sarà sempre molto meglio di come a Renard è andata in Europa: esonerato al Cambridge (allora in terza divisione inglese) nel 2004, retrocesso in Francia col Sochaux nel 2014, cacciato dal Lille nel novembre 2015.

Il mistero non è perché in Europa Renard non abbia avuto successo: ma perché abbia voluto tornarci. Tra l’esperienza inglese e quelle francesi, infatti, Renard si era nel frattempo garantito un posto nella storia del calcio. Non solo in quella degli albi d’oro, ma anche in quella emotiva. C’era infatti lui, nel 2012, a guidare lo Zambia alla prima conquista della Coppa d’africa, in una delle notti più piene di lacrime che si ricordino, contro la Costa d’avorio nella finale di Libreville. La stessa capitale del Gabon nel cui mare, 19 anni prima, si era inabissato l’aereo della Nazionale. Sanata la prima grande ferita, Renard si preoccupò di rimarginar­e anche la seconda: portando nel 2015 la Costa d’avorio a rivincere la Coppa perduta. E di-

anche il primo e unico c. t. a sollevarla due volte con due squadre diverse. E c’è molto di più. In copertina dell’edizione marocchina di «Hola!», ad aprile, Renard compariva abbracciat­o e felice alla sua nuova compagna, la senegalese Viviane Dièye. Ovvero, la vedova di Bruno Metsu, un altro allenatore francese che ha trovato realizzazi­one nel calcio africano: era una sua creatura lo splendido Senegal del Mondiale 2002.

Ecco perché, se anche l’ha pensato, Renard non ha dato al destino la colpa della sconfitta. Si è congratula­to coi vincitori iraniani, che hanno festeggiat­o a lungo. E ha parlato di errori tecnici nell’ultimo passaggio e di troppe seconde palle perdute. Il Destino è una cosa troppo seria per poterla usare come scusa.

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(Reuters) Sfortuna L’autorete di Bouhaddouz ieri con l’iran

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